Tom Cruise oltre Mission Impossible
20 Novembre 2023
Published on Gennaio 20th, 2014 | by sally
0Summary: Il difficile percorso di Solomon Northup raccontato attraverso gli occhi di Steve McQueen con un cast d'eccellenza.
Nell’ultimo anno abbiamo visto numerose pellicole davvero gradevoli e il 2014 sta continuando sulla stessa scia, Steve McQueen ci regala “12 anni schiavo“, film che con tutta probabilità farà incetta di statuette agli Oscar in arrivo.
La pellicola ha già fatto parlare molto di sé per la storia particolare di cui si occupa ed anche per le splendide interpretazioni degli attori, ma non si può negare che siano presenti delle imperfezioni qua e là. Non sarà il film migliore dell’anno, ma rientra nella schiera dei più riusciti e commoventi, una storia raccontata con estrema sensibilità e attenzione al linguaggio del corpo più che alla stesura di numerosi dialoghi che rischiano di far perdere il senso della storia tra mille parole.
Solomon Northup (Chiwetel Ejiofor) vive come uomo libero a Saratoga, lui e la sua famiglia stanno bene, vestono e vivono come i bianchi, Solomon è un carpentiere ed un apprezzato violinista. Quella che vediamo nel film è la sua storia vera, raccontata in un’autobiografia nel 1853, in cui l’uomo documentò il rapimento di cui è stato vittima, sparendo da Saratoga per 12 lunghissimi anni. Convinto di poter lavorare e guadagnare bene come violinista solamente per due settimane, Solomon viene rapito con l’inganno e mandato da un trafficante di schiavi, che lo venderà al suo primo padrone (Benedict Cumberbatch) in Louisiana. Il nostro protagonista è diverso da tutti gli altri schiavi, la sua superiorità intellettuale e i suoi modi di fare stridono perfino all’interno del rapporto che instaura con i padroni, che lo amano e lo odiano per il suo modo di essere. Solomon dovrà lasciare la prima piantagione a causa del guardiano che vuole ucciderlo, finirà nelle grinfie dell’alcolizzato Epps (Michael Fassbender). La situazione famigliare non è delle migliori, la moglie (Sarah Paulson) è morbosamente gelosa delle attenzioni che il marito riserva ad una delle schiave, Patsy ( Lupita Nyong’o). Solomon è solitario e distaccato, cerca di comportarsi sempre bene nonostante i soprusi, sperando nella possibilità di ritornare dai suoi cari: si fiderà così di un ex guardiano ubriacone che tradirà la sua fiducia, prima di incontrare il canadese Bass ( Brad Pitt), con ideali nuovi ed egualitari, al quale affiderà l’incarico di dare sue notizie a Saratoga. Bass saprà mantenere la sua promessa, riportando Solomon alla sua vita da uomo libero, dalla sua famiglia.
Steve McQueen racconta la storia di Solomon Northup senza risultare invadente nè offrire giudizi su un tema tutt’oggi spinoso come quello dello schiavismo e del razzismo. Di film del genere ne abbiamo già visti tanti, quella di Northup è una storia a sé e ad interpretarlo c’è una nuova scoperta hollywoodiana, Chiwetel Ejiofor, affiancato da un cast di attori ben più noti e dall’intensa Lupita Nyong’o. Il suo è un ruolo poco esteso ma importante, commovente e profondo, che racchiude in sé il disagio di decenni e decenni di violenze ed abusi. Michael Fassbender incarna bene il ruolo dell’antagonista, l’attore feticcio di McQueen qui è uno schiavista spietato, confuso e alcolizzato, aggrappato morbosamente ad una religione che non sembra dare risposte, ma che si ricollega solamente a coincidenze forzate. La religione rimane sempre in sottofondo, la fede dei proprietari terrieri è poco credibile se confrontata alla loro poca misericordia; gli schiavi invece si aggrappano ai canti e al Signore nella speranza di cambiare le loro sorti, ma da qualche parte c’è un Dio che non sembra sforzarsi di voler dare risposte, tutto rimane sospeso e nelle mani di un destino imprevedibile, che non usa un criterio individuabile: non esistono i buoni che vengono premiati e i cattivi che vengono puniti, ogni cosa segue il suo corso, che sia dolce o amaro. E il percorso di Solomon Northup è difficile e contorto, 12 anni lontano dalla famiglia e dalla sua vita da uomo libero e colto, sotto il sole cocente delle piantagioni di cotone, tra le frustate e i cappi, dove pure la pietà, nelle estati più aride e meno prolifiche, sembra scarseggiare anche tra chi condivide le stesse disgrazie.
“12 anni schiavo” ha diverse imperfezioni ma sarà sicuramente uno dei film più belli ed emozionanti che avremo modo di vedere in questi mesi, una storia profonda e da non perdere, che sicuramente segnerà in maniera più o meno incisiva, la storia del cinema.