Tom Cruise oltre Mission Impossible
20 Novembre 2023
Published on Gennaio 16th, 2011 | by sally
0Summary: Dieci intensi inverni racchiusi in un’ora e mezza, una storia profonda di vite che si intrecciano e si perdono.
Nonostante sia uscito ormai da un anno, la recensione di “Dieci inverni” ci era scappata e, visto che il film merita, la proponiamo adesso, sempre per la serie “meglio tardi che mai”. Accolto calorosamente dalla critica, “Dieci inverni” è un film dell’esordiente Valerio Mieli, del quale si nota il tocco discreto e la voglia di non strafare e non eccedere.
Come dice il titolo, la storia dei due protagonisti si protrae per dieci lunghi anni, sempre d’inverno, dislocandosi tra l’umida e grigia Venezia e la maestosa e innevata Mosca. I protagonisti sono Camilla (Isabella Ragonese) e Silvestro (Michele Riondino), che si incontrano per caso su un vaporetto, diretto in una delle piccole isolette della laguna. Camilla e Silvestro lentamente imparano a conoscersi, si avvicinano e si allontanano nel corso del tempo. A fare da sfondo ai loro sentimenti, le due grandi città e la piccola casa di Camilla in cui i due a un certo punto finiscono per convivere. Nel corso di dieci anni, Valerio Mieli ci mostra solamente la “parte invernale” delle vite dei due ragazzi che, dalla vita universitaria e le feste in casa, passano al lavoro, alle responsabilità, agli errori ed alle loro conseguenze. Il tempo scorre e le loro vite, bene o male, non si separano mai, in qualche modo sono sempre congiunte. Camilla e Silvestro crescono e cresce anche il loro rapporto, all’interno di una pellicola che scorre alla giusta velocità. La bravura di Mieli è appunto quella di non annoiare, seppure gli scenari siano freddi e dormienti, immersi nel letargo invernale, mentre a scaldare l’atmosfera ci sono le gelosie, le incomprensioni e le paure di questi due personaggi. Buone sono anche le interpretazioni degli attori, che rimangono delicate e semplici, come tutto il resto. “Dieci inverni” non è un film invadente, è cauto, va a passo lento, esplora, trae le conclusioni solo al momento giusto. Il finale arriva, poi, sofferto e non troppo scontato. O meglio, per un attimo si rischia di credere che segua la variante negativa, ma fortunatamente ci offre il lieto fine di cui abbiamo bisogno, dopo aver vissuto dieci intensi inverni racchiusi in un’ora e mezza, in due posti lontanissimi tra loro. Valerio Mieli ci racconta solo quello che vuole raccontare, sorvola su quel che accade tra un inverno e l’altro, è superfluo, non è utile ai fini della storia. Camilla e Silvestro, dopo averne passate tante, riescono finalmente a fermarsi, a scrutarsi, capirsi, tornare alle origini, nella casa in cui si sono incontrati, in cui hanno trascorso la prima bizzarra notte insieme, quella della festa di laurea mancata, quella abbandonata e ritrovata. La casa rimane un elemento centrale, abbiamo sempre bisogno di un posto in cui tornare. Camilla rappresenta questa stabilità. Attraversa momenti di irrequietezza, ma poi sa sempre dove tornare. Ed anche Silvestro, che non riesce mai a star fermo in un posto, trova nella stanza fredda con la stufetta elettrica il posto in cui sentirsi sicuro. Piacevole anche l’apparizione di Vinicio Capossela durante il matrimonio di Liuba a Mosca, che corona questa storia d’amore con “Parla piano“, che fa da colonna sonora con le sue dolci note. Per essere il primo cortometraggio di Mieli, “Dieci Inverni” è un lavoro assolutamente valido, da apprezzare e da non perdere, soprattutto perché ci fa credere che il cinema italiano ha ancora qualche speranza.