Tom Cruise oltre Mission Impossible
20 Novembre 2023
Published on Aprile 1st, 2011 | by letizia rogolino
0Summary: Spiritualità e poeticità accentuata, attenzione nei particolari: regia e fotografia si ritrovano in un connubio di magia e realismo.
“Poetry” è uno dei film asiatici più attesi della stagione e sarà presente anche al famoso Far East Festival di Udine dedicato appunto al cinema del mondo orientale. La storia è costruita tutta intorno alla protagonista Mija, coinvolta in una triste vicenda anche se non lo dimostra fin dal primo momento. Diretto da Lee Chang- Dung, questo film è accompagnato dal delicato e poetico suono della natura, che ispira la protagonista estremamente coinvolta da tutto ciò che la circonda. Quest’ultima è interpretata da una delle più celebri attrici coreane, Yun Junghee, che segue un corso di poesia molto seriamente, sfruttando la vita e i vari eventi tragici e tristi che accadono intorno a lei, per riuscire nel suo scopo e comporre una sua opera entro la fine del mese.
I suoni della natura con una colonna sonora assente, creano un silenzio costante durante tutto il film, per certi versi emozionante, ma per altri forse eccessivo. Lee Chang – dong vuole accendere un riflettore sulla mancanza di comunicazione tra le generazioni, evidenziando in particolare le difficoltà che trova Mija a relazionarsi con il nipote adolescente, che commette non solo un grave crimine, ma sembra del tutto inconsapevole di ciò che ha causato e vive le sue giornate con superficialità e noia, mostrandosi spesso scortese. Mija non riesce a comprenderlo ma si occupa tuttavia con amore della sua crescita, dandogli da mangiare e osservando i suoi comportamenti, ma le risulta difficile vedere il suo mondo interiore ed entrare nella sua testa. La poesia sembra l’unica evasione dell’anziana, che sta dimenticando le parole anche più banali a causa del morbo di Alzheimer, ma non dimentica di fissare i fiori, di ascoltare il rumore del vento, di assaporare una mela, trovando nelle gioie semplici della vita una ragione per andare avanti. “Poetry” si può considerare un fatto di cronaca reale, e lo stesso regista ammette di essersi ispirato ad una vicenda avvenuta proprio in Corea, uno stato dove però queste cose non avvengono tanto spesso. Le parti migliori del film sono l’inizio e la fine. L’epilogo mette in scena la vera disperazione dell’indiretta protagonista del lungometraggio, la piccola che è stata tormentata fino alla più tragica delle decisioni. Il suo sguardo in macchina è intenso e commovente e chiunque diventa in qualche modo testimone del suo folle gesto e dei suoi sentimenti. Non c’è bisogno di parole, ma la poesia da lei recitata ci fa scoprire il significato totale della sua storia, e il cerchio si chiude. I film asiatici hanno sempre quel velo di spiritualità e poeticità accentuata, attenzione nei particolari e ogni scena sembra spesso un quadro con colori precisi e le espressioni degli interpreti trasmettono una completezza fatta di gioia o di dolore. Ciò che rende “Poetry” un bel film riuscito è proprio l’ottima interpretazione di Yun Junghee e la regia unita alla fotografia in un connubio di magia e realismo.