Tom Cruise oltre Mission Impossible
20 Novembre 2023
Published on Maggio 31st, 2011 | by sally
0Summary: Senza troppi fronzoli, Goupil ci presenta un mondo autentico e genuino, portando sul grande schermo giovanissimi personaggi che si trovano in perfetta sintonia davanti alla macchina da presa.
Accolto con entusiasmo durante il Festival di Cannes lo scorso anno, “Tutti per uno” getta uno sguardo sulla società francese odierna, ma la tematica non interessa e coinvolge solamente la Francia. Anzi, oggi più che mai, sono anche gli italiani i diretti interessati di questa denuncia velata del regista, Romain Goupil. Peccato, come al solito, che il titolo italiano sia meno pertinente rispetto all’originale, “Les mains en l’air“, ovvero “Mani in alto”, tipica espressione poliziesca, che spesso anche noi, da piccoli, abbiamo ripetuto più e più volte giocando a guardie e ladri. Ma i bambini di questa storia, i protagonisti, sono diversi da quel che noi siamo stati, per loro la polizia non è un gioco.
Siamo nel 2067, Milana ricorda il periodo della sua infanzia trascorsa a Parigi, in compagnia di altri bambini in una società che solo apparentemente sembrava essere integrata. Milana (Linda Doudaeva) ha vissuto in Francia nel 2009, sotto la presidenza Sarkozy, ed ha vissuto in prima persona l’inquietudine delle leggi sull’immigrazione. Milana e i suoi amici Blaise (Jules Ritmanc) e la sorellina Alice (Louna Klanit), Ali (Louka Masset), Claudio (Jeremie Yousafat) e Youssef (Dramane Sarambounou), frequentano la stessa scuola e trascorrono i pomeriggi a trafficare con il loro piccolo commercio di DVD pirata e piccoli furti di liquirizie. La bambina cecena e senza documenti, adesso rischia il rimpatrio, ma i suoi amici fanno di tutto pur di impedire che la polizia la porti via. Goupil ci offre uno sguardo sull’attuale situazione degli immigrati in Francia (che non si distacca poi molto da quella degli immigrati in Italia) ma dal punto di vista dei bambini, che simboleggiano la purezza e l’innocenza. In questo mondo, fatto di caramelle alla liquirizia e compiti scopiazzati, i bambini sanno come organizzarsi per scongiurare il pericolo, tra telefonini e linguaggi in codice, mentre il mondo degli adulti, tanto per cambiare, non intende capire. L’unica adulta che riesce ad avvicinarsi al mondo dei giovani protagonisti, è la madre di Blaise e Alice, Cedrine (Valeria Bruni Tedeschi), che fa di tutto pur di salvare Milana dal destino che la aspetta. Il regista ci porta con abilità dentro il mondo dei bambini e ci fa capire, amaramente, di quanto la disillusione degli adulti sia dannosa per la società che verrà. Non sono, infatti, i bambini a puntare il dito contro il diverso, perché per loro non esiste diversità, a meno che qualcuno non la insegni loro. Il primo impatto che si ha con il film, infatti, è quello di una società multietnica, quale è quella francese, in cui i bambini di diverse nazionalità convivono all’interno della stessa aula, si confrontano, ed anziché allontanarsi, si uniscono proprio per le loro differenze, per condividerle. Le leggi sull’immigrazione, che hanno costretto molte famiglie a lasciare la Francia, ora rischiano di compromettere la bellissima amicizia tra Milana e Blaise, timido e introverso, ma perdutamente innamorato della compagnetta di scuola che a sua volta, nel suo silenzio, ricambia il sentimento. Senza troppi fronzoli, Goupil ci presenta un mondo autentico e genuino, portando sul grande schermo giovanissimi personaggi che si trovano in perfetta sintonia davanti alla macchina da presa, lasciandoli essere più naturali possibile, accompagnati dalla presenza importante ma non ingombrante di Valeria Bruni Tedeschi, che più volte nel mondo del cinema ha dato prova di grande abilità e non solo in qualità di attrice. La nostra piccola protagonista, Milana, esprime tutto il disagio di un individuo etichettato come immigrato e pertanto diverso. Milana assurge quasi a simbolo di tutti i sans-papiers che vivono una situazione scomoda e quasi umiliante, soprattutto quando viene deciso per loro che è il momento di abbandonare il Paese in cui credevano di poter depositare sogni e speranze. Il momento in cui Yussef e la sua famiglia vengono portati via dalla polizia è particolarmente significativo e ricorda, in maniera oltremodo inquietante, le deportazioni degli ebrei, individui poco graditi nella società antisemita durante la Seconda Guerra Mondiale, anche se forse il paragone potrebbe risultare eccessivamente azzardato. Ma se è vero che la storia è ciclica, sebbene i tempi siano cambiati, un razzismo velato dalla diplomazia e da una finta forma di buon senso, esiste ancora oggi. La piccola Milana si sente in colpa per i suoi momenti di felicità, come se la felicità non fosse concessa ad una clandestina. Sebbene “Tutti per uno” non sia di certo un’opera epica e memorabile, va tenuta in considerazione per la tenerezza e la profondità con cui affronta una tematica così delicata, senza lanciare un’aperta denuncia, ma permettendo una più accurata riflessione a riguardo.