Tom Cruise oltre Mission Impossible
20 Novembre 2023
Published on Ottobre 13th, 2011 | by alessandro ludovisi
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Melancholia è un pianeta che minacciosamente si avvicina alla terra (cinque giorni al possibile impatto), ma è anche uno stato d’animo che ci accompagna nelle due ore e più di questa ultima produzione targata Lars Von Trier. Il regista danese ha deciso di mostrarci la sua personale visione sulla fine del mondo e lo fa attraverso gli occhi di due sorelle, Justine e Claire, decisamente agli antipodi.
Il film inizia con un prologo (come in “Antichrist”) da fine del mondo: uccelli che cadono in una macabra pioggia della morte, una madre che disperata e con il figlio in braccio tenta disperatamente di sfuggire al terreno (di un campo da golf) che inesorabile li sta inghiottendo, cavalli che si accasciano e pianeti in rotta di collisione. Quasi alla Malick, Von Trier parte in quarta con una irresistibile sequenza tra sogno e realtà, tra distruzione e pace, il tutto condito dalle note del Tristano e Isotta di Wagner. In seguito al prologo/epilogo, “Melancholia” si divide in due parti. Un capitolo a testa per le due straordinarie interpreti della pellicola: Kirsten Dunst e Charlotte Gainsbourg. Nella prima parte la protagonista è Justine (Dunst) nel giorno del suo matrimonio con Michael ( Alexander Skarsgård). La coppia sembra apparentemente felice ma quelli di Justine sono solo sorrisi di circostanza di una ragazza che nasconde una depressione interiore all’ultimo stadio. Alla cerimonia, organizzata in modo sfarzoso dalla sorella di lei, Claire e dal Marito John (un Kiefer Sutherland come non l’avevamo mai visto), Justine mostra i primi squilibri (scomparirà per immergersi – vestita – in una vasca da bagno) mentre noi facciamo conoscenza dei genitori: un padre alienato che si diverte a dileggiare i camerieri e una madre odiosa e insensibile (interpretata da Charlotte Rampling). Nonostante gli sforzi di Claire – ed economici di John – il ricevimento si trasforma in una paradossale sfilata di personaggi al limite come Jack, il capo di Justine, ossessionato dal lavoro (vuole che la ragazza tiri fuori uno slogan per l’ultima pubblicità) e Tim collega della sposa con cui quest’ultima finirà a letto. Nella seconda parte del film la protagonista è Claire che si divide tra le cure alla sorella malata e le ricerche su internet riguardo alla storia del pianeta Melancholia che potrebbe coinvolgere la terra in una “danza della morte” entrando in collisione con essa e mettendo fine al genere umano. L’imminente catastrofe sembra rincuorare Justine che aspetta l’evento con tranquillità cercando di convincere la sorella di come il pianeta Terra si meriti tutto questo. “Melancholia” è stato presentato durante lo scorso Festival di Cannes. L’ultima opera di Von Trier è stata “macchiata” dalle deliranti esternazioni del regista danese che durante la conferenza stampa si scagliò violentemente contro lo stato d’Israele, sostenendo di provare una certa simpatia per Hitler. Nonostante l’allontanamento forzato dal Festival subito da Lars, Kirsten Dunst si è aggiudicata il premio come migliore attrice protagonista e non possiamo che essere d’accordo. L’attrice originaria del New Jersey sfodera una interpretazione convincente riuscendo a portare il suo personaggio agli opposti in tempi brevissimi destreggiandosi tra amore, passione, delusione e rabbia. Agghiacciante nel prologo iniziale dove ricorda la Ofelia Shakesperiana, cinica e rassegnata nei dialoghi con la sorella, una Charlotte Gainsbourg organizzata ma estremamente terrorizzata da eventi che non può tenere sotto controllo. Interessante il dualismo tra le due sorelle, mai sullo stesso piano. Alla sicurezza di una è strettamente collegata la debolezza dell’altra in una alternanza che si definirà con chiarezza solo alla fine del film. Una delle sorprese più piacevoli viene da Kiefer Sutherland e fa un certo effetto non vederlo nei panni di Jack Bauer. Sutherland veste i panni di uno “scienziato”, ricco che nella prima parte del film si diverte a rinfacciare i soldi spesi per il wedding planer, mentre nel secondo capitolo si mostra entusiasta del passaggio del pianeta così vicino alla terra (non vuole credere a una possibile collisione). Nel complesso Kiefer non se la cava male dando ragione a Von Trier che lo ha scelto per un ruolo decisamente delicato, di difficile interpretazione. Nonostante le polemiche, Lars Von Trier si dimostra ancora una volta come uno dei cineasti più innovativi e brillanti dell’ultimo secolo, e ci regala una pellicola costantemente in bilico che sembra poter esplodere improvvisamente, molto visiva e con dialoghi mai banali. Il regista danese si è giocato la carta dell’apocalisse senza immagini catastrofiche o accelerate e senza particolar effetti speciali. Il ritmo basso del film è sicuramente voluto, e lascia un perenne senso di angoscia, permettendoci di scavare più a fondo nei personaggi, aspettando con loro la fine. Uno stato di empatia quasi necessario visto che, come ci ricorda Justine, siamo “solo noi” nell’universo. [starreview tpl=16]