Tom Cruise oltre Mission Impossible
20 Novembre 2023
Published on Gennaio 12th, 2013 | by alessandro ludovisi
0Summary:
Ang Lee (premio Oscar per il miglior film straniero, “La tigre e il dragone” e miglior regia per “Brokeback Mountain”) realizza la trasposizione cinematografica di “Vita di Pi”, romanzo dello scrittore canadese Yann Martel, vincitore, nel 2002, del prestigioso Booker Prize. Il progetto iniziale del 2003 ha vissuto numerose vicissitudini anche a causa delle difficoltà nella scelta di un regista che potesse portare sul grande schermo l’epica avventura del giovane Pi. Da Night Shyamalan a Cuarón fino al francese Jeunet, furono numerosi i cineasti contattati. Nel 2006 il progetto sembrò ormai in naftalina quando, invece, la 20th Century Fox affidò il tutto nelle mani del premiato regista taiwanese. Una scelta felice visto che la pellicola è stata recentemente candidata a ben undici premi Oscar (leggete qui tutte le nomination del 2013).
Pi (abbreviazione di Piscine, omaggio del padre a una piscina parigina) vive nella provincia francese dell’India insieme al fratello maggiore e ai genitori che gestiscono un piccolo zoo. A causa di problemi economici la famiglia sarà costretta a trasferirsi, animali al seguito, in Canada, dovendo così affrontare un lungo viaggio in mare a bordo di una nave mercantile. Una notte, una furiosa tempesta provoca l’affondamento della nave e il giovane Pi sarà costretto a una lunga convivenza in mare con gli unici superstiti della tragedia: un orango, una zebra (ferita), una iena e una gigantesca tigre del Bengala…
“Vita di Pi” mischia sapientemente, e sin dalle prime battute, alcune tematiche idiosincratiche come la religione – vista dagli occhi indecisi del giovane Piscine, e la scienza, quest’ultima protagonista nella spiegazione che il ragazzo fa del suo nome adottando una breve spiegazione matematica sul Pi greco, da riservare ai compagni di scuola per prevenire i facili dileggi di quest’ultimi. E non tardano ulteriori sfumature caratteriali del curioso ragazzo indiano, affascinato da varie correnti religiose (nato induista, si avvicinera anche alla preghiera islamica) e dalla figura di una enorme tigre che il padre esibisce orgoglioso nello zoo di famiglia. Richard Parker è il nome (causa un errore nei documenti nella compravendita dell’animale) del felino, ovvero quello che sarà per più di 200 giorni l’unico compagno di viaggio del ragazzo.
Uomo e religione, uomo e animali e ben presto anche uomo e natura: quella di Pi si presenta come l’odissea di chi, già in giovane età, deve affrontare i più grandi e affascinanti misteri della vita. Ed è proprio quella cornice in bilico tra finzione e realtà, tra speranza e preghiera, tra paura e fiducia, a garantire la tenuta del film e consolidare il patto con gli spettatori, immersi nella fiabesca e avventurosa messa in scena.
“Vita di Pi” è una pellicola dal ricco – e permanente – effetto visivo, che sfrutta la maestosità di uno spazio aperto e impervio, come l’Oceano Pacifico, per descrivere il viaggio (anche interiore) di Pi, e l’inellutabilità degli eventi a cui il genere umano è sottoposto. Come se il coraggioso Piscine fosse il primo uomo sulla terra, o se preferite l’ultimo. Al tempo stesso il film esprime concetti già ampiamente sfruttati come l’evoluzionismo Darwiniano ben rappresentato dal furioso Richard Parker, o la natura ostile, come qull’isola maledetta dove approderanno i due naufraghi.
La regia efficace, virtuosa, soprattutto nella messa in scena delle due tempeste, permette una chiara e forte empatia ma al tempo stesso provoca una innata sensazione di incredulità per quel paradosso che è forse alla base dell’audace tentativo del regista e al tempo stesso del protagonista: convincere e convincerci su quale sia il modo migliore per raccontare una storia rinunciando – fortunatamente – alla messa in scena edulcorata e prevedibile.
[starreview tpl=16]