Tom Cruise oltre Mission Impossible
20 Novembre 2023
Published on Settembre 24th, 2013 | by alessandro ludovisi
0Summary: Godibilissimo anche per chi non se ne intende di motori, film che disorienta ed appassiona lo spettatore.
Ron Howard torna dietro la macchina da presa con “Rush”, adrenalinica pellicola ispirata ad una storia vera consumata tra le curve della Formula Uno.
Il regista di “A beautiful Mind” si cimenta nuovamente con un biopic sportivo, 8 anni dopo Cinderella Man ambientato nel mondo della boxe e ispirato alla storia di James J Braddock, raddoppiando i protagonisti e dedicandosi ai due leggendari piloti James Hunt (interpretato da Chris Hemsworth) e Niki Lauda (Daniel Bruhl). Cast completato da Pierfrancesco Favino nei panni di Cley Regazzoni, Olivia Wilde (Susy Miller, moglie di Hunt) e Alexandra Maria Lara (consorte di Lauda).
Nel 1976 Hunt, playboy inglese con la passione per velocità, alcol e belle donne, e Lauda, austriaco di buona famiglia, metodico e dallo straordinario talento per i motori, diedero vita a una delle più avvincenti lotte per la conquista del mondiale di Formula Uno. Entrambi provenienti dalla Formula 3 entrarono nell’immaginario collettivo per l’incredibile coraggio e la sensazione di una perpetua sfida lanciata alla morte fino al Nürburgring, circuito tedesco dove uno spaventoso incidente mise in pericolo la vita di Lauda, lanciando Hunt verso la conquista del titolo iridato.
Vi sveliamo un segreto: Rush è un film godibilissimo e ampiamente fruibile anche per i non appassionati di Formula Uno. Le curve, i motori ed eventuali e noiose nozioni meccaniche lasciano il posto al cuore dei protagonisti riscaldato dalla lotta intestina, sin dai tempi dei poco pubblicizzati circuiti della Formula 3, fino alla consacrazione sull’asfalto della Formula Regina.
Agendo da profano delle corse automobilistiche, Howard riesce nell’impresa di creare un binomio tra drammaticità, derivante anche da un evento sportivo, nello specifico il terribile incidente di Lauda, e relazioni interpersonali (tra Lauda ed Hunt in particolare), in modo che alla fine ci ritroviamo con una pellicola epica ma allo stesso tempo riflessiva, empatica, emozionante. Come pochi altri film ambientati nel mondo dei motori.
Se in “Cinderella Man” avevamo un personaggio “intrepido”, un pugile costretto in seguito alla crisi a combattere per sfamare la famiglia, in questo caso i comportamenti eroici sono strettamente collegati con il coraggio mostrato in pista. Prendete Lauda, ad esempio, figlio di una delle più ricche famiglie della Vienna bene eppure morbosamente attirato da quella “bara con le ruote”. Sicuramente non bello, preciso (fino ai limiti del pignolo) e non molto simpatico. Il classico personaggio con il quale il pubblico, anche cinematografico non vuole familiarizzare. Prendete, successivamente, Hunt: affascinante , ha successo con le donne, conduce una vita sregolata , abusa di alcol e ha un incredibile coraggio (al limite dell’incoscienza) quando scende in pista. Il classico personaggio con il quale il pubblico familiarizza, si affeziona, e sostiene. Ma il rovesciarsi delle prospettive, in seguito all’incidente di Lauda, disorienta lo spettatore che ora si trova a sostenere il pilota austriaco perché dopo atroci sofferenze ha avuto il coraggio di rientrare in pista dopo poco più di trenta giorni dal suo incidente. Ora l’eroe è lui, e diventa anche simpatico. Ed è a quel punto, una volta creati i due personaggi, che si verifica l’epilogo epico favorito dalle pessime condizioni climatiche (ancora una volta) dal dolore fisico, con tanto di ferite, dalla paura e dalla volontà in un crescendo emozionante che toglie il fiato grazie a una fotografia in stile anni settanta (preziosa e decisamente realistica anche la ricostruzione del periodo storico, dalle vetture, ai circuiti, al vestiario, alle abitudini) e una colonna sonora che guidata dal premio Oscar Hans Zimmer scandisce il rombo dei motori e il salire del contagiri.
Epico.