Tom Cruise oltre Mission Impossible
20 Novembre 2023
Published on Giugno 12th, 2016 | by sally
Siamo nel Bronx, uno dei quartieri più malfamati di New York, che però promette così bene da avere tutto il potenziale per diventare la nuova Brooklyn, abbiamo due amici di vecchia data, alta cucina e misfatti.
Tratta dalla serie danese “Bankerot“, “Feed the beast” debutta nel mondo delle serie tv come rivisitazione a stelle e strisce con protagonisti David Schwimmer e Jim Sturgess, una coppia di amici con caratteri agli antipodi. Funziona o non funziona? Diamogli ancora qualche episodio per capirlo meglio, intanto parliamo del pilot, diretto da Steve Schills (tra due giorni uscirà il terzo episodio).
Thomas (David Schwimmer) e Dion (Jim Sturgess) sognano di aprire un ristorante insieme ma non tutto va per il meglio: il primo deve affrontare l’improvvisa scomparsa della moglie, anima dell’idea di aprire il nuovo locale e rimane da solo con il figlio TJ, bambino intelligente ma problematico, che non ha ancora superato il trauma della perdita della madre. Dion, cocainomane incallito, dà letteralmente fuoco al sogno che aveva insieme agli amici e finisce in prigione, e ha in tasca una serie di conti rimasti in sospeso con dei personaggi poco raccomandabili. La serie prende il via un anno dopo i tragici eventi e mostra l’incontro tra i due amici, che hanno ancora molto da risolvere nel loro rapporto. Dion è più ostinato che mai a dare vita al ristorante Thirio, è uno chef promettente che vuole promuovere la cucina mediterranea nel bel mezzo del Bronx, tra barboni e volanti della polizia a sirene spianate.
Ci sono tutte le premesse per creare una serie di successo eppure il pilot non mostra nulla di originale: affronta, tra gli altri, anche il tema della cucina, sdoganato dai talent show e non ancora nelle serie tv, con le consulenze di Harold Dieterle, vincitore di “Top chef“, per l’appunto. Il ritmo non sembra incalzante, nonostante le schitarrate “rocchenrolla” che fanno molto Anthony Bourdain. Sul tavolo le carte vengono scoperte piuttosto velocemente, si colgono le dinamiche che verranno sviluppate e ci auguriamo che vengano sfruttate al meglio. La buona cucina, la malavita, il rapporto di amicizia profondo, l’elaborazione del lutto sono tutte tematiche che possono offrire spunti notevoli ma che in “Feed the beast” sembrano solo prendere in prestito i cliché da altri innumerevoli film e serie che le hanno già affrontate in precedenza.
David Schwimmer non è più il comico che ricordavamo in “Friends“: invecchiato e immerso in un ruolo drammatico, deve interpretare un padre distrutto finito nel vortice dell’alcolismo che ben si adatta al suo ruolo pur non regalando nulla di memorabile. Lo stesso vale per Jim Sturgess, il furbetto che casca male e si mette sempre nei guai si adatta bene alla sua fisicità ma è forse la sceneggiatura a non dare il giusto ritmo ai fatti narrati. Aspettiamo di addentrarci almeno a metà della stagione per scoprire se ci saranno delle rivelazioni, altrimenti “Feed the beast” si ridurrebbe ad una serie che sì, si potrebbe anche guardare, ma senza generare troppo fermento.