Tom Cruise oltre Mission Impossible
20 Novembre 2023
Published on Ottobre 26th, 2012 | by alessandro ludovisi
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Nel 2005 Stefano Mordini realizza la sua opera prima, “Provincia Meccanica”, con protagonisti Stefano Accorsi e Valentina Cervi. Il film venne presentato con successo al Festival di Berlino e per il regista toscano arrivarono numerose recensioni positive per la capacità di portare sullo schermo con estrema naturalezza una storia famigliare e di lavoro strettamente attuale. Ora Mordini ci riprova e realizza la trasposizione cinematografica di “Acciaio”, il libro di Silvia Avallone (Premio Campiello 2010 e secondo classificato al Premio Strega) ambientato nella provincia piombinese. Il romanzo scatenò diverse polemiche proprio per la sua ambientazione e per un ritratto della città di Piombino dove la miseria e il degrado sarebbero collegati con la realtà operaia della città. L’adattamento cinemografico del libro della Avallone è interpretato da Michele Riondino (“Henry”, “Bella addormentata”) Vittoria Puccini (“Paz”, “Magnifica presenza“) e dalle due esordienti Anna Bellezza e Matilde Giannini.
Anna e Francesca sono due quattordicenni di Piombino ritratte nella estate che le separa dall’inizio della scuola secondaria. Vivono all’interno di un grosso complesso popolare (la fittizia e suggestiva Via Stalingrado del libro) che ospita la maggior parte degli operai – con famiglie – della città. Entrambe crescono all’ombra di situazioni famigliari difficili tra madri sottomesse e padri violenti mentre all’orizzonte sognano un futuro diverso lontano da quella realtà industriale affacciata sul mare così vicina ma allo stesso tempo così lontana dall’Isola d’Elba ricca e turistica. La loro storia si intreccia con quella di Alessio, il fratello di Anna, e di Elena, un tempo compagna di quest’ultimo, che borghese e in cerca di un futuro migliore aveva lasciato tutto e tutti per poi ritrovarsi ancora inghiottita da Piombino questa volta nelle vesti di direttrice della Lucchini, la celebre industria siderurgica toscana.
Colpisce dritto al cuore la pellicola di Mordini. Il regista mette da parte gli eccessi del libro per restituirci una visione di Piombino più realistica affidandosi a una sagace e continua alternanza tra la bellezza naturale e il mostro d’acciaio che campeggia in città. Un mostro che ha generato diversi figli che ora vivono là nella Via Stalingrado apparentemente senza interessi o passioni e senza possibilità di trovare la felicità. La rappresentazione delle due famiglie delle ragazze sono crude e a tratti possono apparire un po’ forzate ma considerando il periodo storico attuale appaiono tristemente realistiche. Ma Mordini opera soprattutto per sottrazione e spesso lascia immaginare, supporre, rendendo il disagio evidente (come nelle attrazioni morbose tra il padre di Francesca e la figlia) ma allo stesso tempo trova il coraggio e il giusto pudore nel racconto della storia d’amicizia tra le due “giovani donne”. Sono loro il fulcro della storia nonostante sullo sfondo Riondino e la Puccini convincano – soprattutto il primo – nel déjà vu della storia d’amore tra i fumi e le tute blu della Lucchini. Sono Anna e Francesca a sperare in un futuro migliore meravigliandosi dell’afflusso costante di turisti nella vicina Isola d’Elba, sono loro a subire realtà famigliari disagiate e sono ancora loro a ricordarci come la mancanza di un tessuto sociale forte permette delle pericolose deviazioni dal sacrosanto e puro percorso di crescita di una adolescente.
Prezioso
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