Tom Cruise oltre Mission Impossible
20 Novembre 2023
Published on Giugno 14th, 2012 | by sally
0Summary:
Siamo alla fine degli anni Settanta, Rudy è gay e vive a West Hollywood in una casa decadente, riesce a stento a pagare l’affitto e per mantenersi lavora di notte come drag queen. Una sera incontra Paul, avvocato che sogna la scalata verso il successo ma che fatica ancora ad ammettere la sua omosessualità, dopo aver cercato di rendere la vita perfetta tra college e matrimonio.
Tra i due scocca subito la scintilla, ma Paul è ancora titubante quando Rudy irrompe nella sua vita senza timidezza. Uno dei motivi per cui questo accade è Marco, ragazzo quattordicenne affetto dalla sindrome di down che vive con una madre tossicodipendente. Quando quest’ultima finisce in prigione, Rudy decide di prendersi cura di lui, ma sa di non poter scampare all’intervento dei servizi sociali e, per paura di perdere Marco, decide di rivolgersi a Paul.
Paul e Rudy sono innamorati e nell’arco di poco tempo decidono di vivere insieme di tenere Marco con loro, ma le cose si complicheranno perché una coppia gay non può richiedere l’affidamento di un bambino. Marco, nel frattempo, ha cambiato radicalmente la sua vita, ha smesso di trascorrere le sue serate rannicchiato in un angolo con la musica a tutto volume mentre la mamma, strafatta, è in compagnia di qualche uomo; ricomincia a vivere davvero, tra donuts e feste, circondato dall’amore dei suoi nuovi papà.
E se per Marco l’amore non ha volto, per la giustizia deve averne due, ben definiti: i genitori possono essere solo uomo e donna, non ha importanza se Rudy e Paul hanno fatto di tutto per migliorare la vita di un ragazzo che nessuno vuole tenere con sé ed aiutare, sono omosessuali e per questo vanno puniti.
Travis Fine non ha voluto raccontare una storia di denuncia per quanto riguarda il mondo omosessuale, ma prendendo il via da una storia realmente accaduta, ha voluto incentrare la sua pellicola attorno al tema dell’ingiustizia. Perché in questo caso non ha avuto importanza quello che realmente provava Marco, ma quello che la giustizia (se così si può chiamare) e la società pensavano del fatto che avesse due padri. E’ una lotta contro i pregiudizi che si sviluppa sul finire degli anni Settanta, che il regista ha reso estremamente piacevole sapendo calibrare perfettamente tutti gli ingredienti.
“Any day now” infatti si presenta come un’opera impeccabile sotto tutti i punti di vista: è drammatica, sentimentale, commovente e straziante, ma tutto questo avviene entro limiti ben precisi che Fine non si sogna nemmeno di superare. Tutto, quindi, si mantiene in perfetto equilibrio, tra i momenti di felicità di questa famiglia “anomala” e le difficoltà giudiziarie che i due protagonisti devono vivere per amore di Marco, che amano come fosse un figlio loro. Travis Fine non ci sta raccontando un amore omosessuale, ma una storia che sarebbe potuta accadere a chiunque. L’amore, dopotutto, non ha sesso, ma la questione rimane e si ripropone, sempre spinosa: un bambino merita una madre e un padre o riuscirebbe ad avere la corretta concezione del mondo anche con due papà? E qual è la corretta concezione del mondo? Il dibattito è aperto tutt’oggi e lo ritroviamo anche qui, in questo film che ci mostra un superbo Alan Cumming nei panni di Rudy, davvero in stato di grazia, affiancato da Garrett Dillahunt. Nei panni di Marco c’è Isaac Levya: non è stato facile trovare un ragazzo con determinate problematiche che potesse recitare sul grande schermo, Travis Fine ha raccontato che nel vedere Isaac aveva già capito che era quello giusto e il ragazzo sognava di diventare un attore. Il suo sogno si è realizzato ed è stato capace di regalarci grandissime emozioni con i suoi grandi occhialoni ed il suo sorriso tenero, che non fa altro che colpirci dritto al cuore. Assolutamente imperdibile.
Voto:
[starreview tpl=16]