Tom Cruise oltre Mission Impossible
20 Novembre 2023
Published on Ottobre 10th, 2013 | by alessandro ludovisi
0Summary: Neanche la perfidia di Luciana Littizzetto, la migliore di tutto il cast, salva la disordinata pellicola di Venier.
“Il vedovo”, commedia di Dino Risi con protagonisti Alberto Sordi e Franca Valeri, prende di nuovo vita, seppur in una forma diversa, grazie alla regia di Massimo Venier che dirige un cast formato da Fabio De Luigi, Luciana Littizzetto, Alessandro Besentin, Ninni Bruschetta e Bebo Storti. In uscita oggi nelle sale italiane, “Aspirante vedovo” rappresenta un remake, nonostante lo stesso cast abbia rifiutato questa definizione, di una delle migliori interpretazioni del compianto Alberto Sordi nei panni di un industriale “sottomesso” al potere economico e coniugale della moglie.
Alberto Nardi è un imprenditore di scarso successo sposato con la facoltosa, ed economicamente ben più stabile di lui, Susanna Almiraghi. Quest’ultima non perde occasione per stuzzicare il marito e al tempo stesso medita di lasciarlo ma un incidente aereo la vede come vittima. Alberto, vedovo tutt’altro che inconsolabile, comincia ad intravedere una occasione di riscatto ma nulla andrà come previsto. Susanna, infatti, non è mai salita su quel volo e ben presto “riabbraccerà” il marito.
Tralasciando un paragone con l’originale, anche perché il giudizio sarebbe impietoso anche per la caratura degli interpreti e del regista stesso, troviamo azzeccato il titolo aspirante. Da l’idea, appunto, di un qualcosa di agognato, sperato, ma non sempre realizzabile. Un po’ come il tentativo di ridare vita a un classico intramontabile della commedia del nostro paese affidandosi a un attore come De Luigi, bravissimo comico, ma incapace -chiaramente- di tenere la scena con la raffinatezza e la crudeltà dell’originale. L’affiatamento tra lui e la Littizzetto è tangibile, i due sanno intendersi ma il palcoscenico non è quello giusto. La caratterizzazione dei personaggi è debole, delle oscure trame da black comedy non vi è traccia e là dove l’originale di Risi si fregiava di rappresentare una porzione di realtà italiana, qui il tentativo fallisce, naufragato in un oceano qualunquista e privo di verve dove si continua ad aggiungere senza mai affondare il colpo in una evidente superficialità lontana anni luce dalla realtà dei cinepanettoni, e per la commedia italiana è un buon segno, ma allo stesso tempo distante da una comicità sferzante che in una trama simile avrebbe trovato un alloggio naturale.
Neanche la perfidia di una Littizzetto tutto sommato “migliore in campo” salva la pellicola di Venier dal disordinato calderone composto tra preti insoliti, imprenditori avari e famiglie dell’alta borghesia dove il desiderio economico ha il sopravvento sul sentimento genuino.