Tom Cruise oltre Mission Impossible
20 Novembre 2023
Published on Luglio 15th, 2011 | by alessandro ludovisi
2Summary: Alcune lacune evidenti tra numerosi spunti interessanti.
Alla Casa del Cinema di Roma abbiamo assistito, in anteprima, alla proiezione del film “At the End of the Day” (Un giorno senza fine) del regista, specializzato in videoclip musicali, Cosimo Alemà. La pellicola, ispirata ad una storia vera, vede come protagonisti alcuni ragazzi (Alex, Riko, Chino, Thomas, Diana, Lara e Monica) che decidono di inoltrarsi in una selvaggia natura per provare l’ebbrezza della guerra sulla propria pelle. Una guerra simulata, naturalmente, con tanto di fucili, fedelmente riprodotti, che sparano piccoli pallini sferici, anche a notevole distanza.
Nel prologo del film, dopo aver fatto conoscenza con due ex militari intenti a seppellire alcune mine terrestri sotto una pioggia battente (il tutto condito da un aneddoto sulla guerra raccontato dal più anziano dei due), torniamo al sole in una isolata strada di campagna percorsa da una macchina con a bordo il gruppo “armato” fino ai denti e ansioso di iniziare la sfida a soft air. Una volta raggiunta la “base”, nel bosco, comincerà il terrore, quello vero: Monica scompare e Alex viene barbaramente ucciso da un militare vestito come loro ma in possesso di armi da fuoco “reali”. L’incubo senza fine ha inizio”. Il tutto, alla luce del sole. “At the End of the Day” segna l’esordio alla regia del regista Cosimo Alemà. Riconosciuto come uno dei più prolifici direttori di video musicali (apprezzato sia in Italia che all’estero) ha al suo attivo numerosi cortometraggi. Un percorso professionale, il suo, che inevitabilmente lo ha portato a volersi cimentare con un lungometraggio per provare il “grande salto” nella settima arte. La scelta del genere – thriller/horror – è il giusto compromesso tra aspirazione personale e aspettative d’incasso. Proprio il cinema dell’orrore, infatti, sembra non passare mai di moda e dall’antesignano Espressionismo tedesco fino ai recenti Mock-documentary ha dimostrato di essere fertile e versatile garantendo, sempre e comunque, gli incassi degli aficionados. Altra scelta azzeccata per Alemà e il suo staff è stata quella di girare il film in lingua inglese per poter permettere una più ampia distribuzione, non “costringendo” la sua opera tra i confini nazionali. Come possiamo dar torto a Cosimo? Lo anticipiamo: nel film non ci sono grandi firme, non troverete “volti noti” (se ci pensate è un classico dei film dell’orrore) ma giovani attori emergenti freschi di studi, affiancati dall'”anziano” Michael Lutz (nel ruolo dello “Zio“). Lutz ha partecipato al film “Small Change” (nominato agli Oscar nel 2000) ma è conosciuto soprattutto grazie al notevole curriculum teatrale. Il cast viene completato da Stephanie Chapman -Baker (Lara), Neil Linpow (Riko), Sam Cohan (Alex), Andrew Harwood Mills (Chino), Valene Kane (Monica), Tom Stanley (Thomas) e Monica Mirga (Diana). Lo ammettiamo: l’attesa di un film horror “nostrano” ci ha elettrizzati. In tanti aspettiamo una rivitalizzazione, in Italia, di questo genere che ha fatto la nostra fortuna ma che, negli ultimi anni, non ha fatto registrare produzioni particolarmente interessanti. Per carità, nessuno si aspetta il nuovo Bava o Fulci o, ancora, Fragasso, Joe D’Amato, Argento, Deodato. Autentici “registi cult”. Avvertenza: non ricercate un epigono neanche in Cosimo Alemà. Sarebbe ingeneroso etichettare il giovane regista come autore di genere. Anche perché questa sua opera prima potrebbe restare un caso isolato (nella conferenza del film ha evidenziato come per lui “At the end of the Day” sia più un action-thriller). Ad essere sinceri, “At the End of the Day” non è neanche un film horror o, meglio, è più un prodotto ibrido che si muove con destrezza dal thriller all’orrore puro. Dagli omaggi a Hitchcock e De Palma con soggettive da brivido, a scene di slasher puro con la vittima letteralmente dilaniata da infiniti colpi di machete. Non mancano mutilazioni, dita negli occhi con fuoriuscite di sangue, frecce conficcate nel fianco e picconate in pieno petto. “At the End of the Day” è ricco di citazioni (più o meno volontarie) che non possono sfuggire agli amanti del genere. Qualcuno troverà una somiglianza nella scena della cascata con “Turistas”, l’horror del 2006 diretto da John Stockwell. Altri troveranno richiami a “Non aprite quella porta”, di Tobe Hooper o magari a “Hostel” di Eli Roth e – questo confermato da Alemà – a “Un tranquillo Weekend di paura”, film drammatico diretto nel 1972 da John Boorman. Non gridiamo allo scandalo: gli horror/thriller sono decisamente autoreferenziali ed è difficile dire cose “nuove”. Meglio puntare sull’originalità della trama e un film incentrato sul soft air sembra effettivamente aver regalato una ventata d’aria fresca. Peccato che già nel 1997 Claudio Masin portò sugli schermi il film “Soft Air – Aria compressa”. Anche in questo caso una produzione italiana. Ambientato nei pressi di Mazzano Romano, il film ha come protagonisti un gruppo di ragazzi che partecipa a una gara di soft air e, come nel film di Alemà, la finzione si trasformerà in realtà con i giovani assaliti da un manipolo di uomini con armi vere. Attenzione: non vogliamo certo dire che Alemà abbia preso spunto da questo film. Anzi, crediamo che non lo abbia neppure visto (lo speriamo per lui). Il film di Masin è in effetti una delle peggiori pellicole mai realizzate al cui confronto una qualunque B-Movie sembrerebbe “Casablanca” o “Il grande dittatore”. In realtà, anche il “filmino della comunione” è “più film” di “Soft Air – Aria Compressa”. Unica nota positiva, appunto, è l’originalità della trama. Probabilmente anche Masin, così come Alemà, ha tratto ispirazione da un fatto di cronaca realmente accaduto, sembra, dalle parti dei Balcani. Il periodo storico è quello della terribile guerra intestina che ha letteralmente devastato la ormai ex Jugoslavia nei primi anni novanta. Analizzando “At the End of the Day” sotto il profilo del linguaggio cinematografico possiamo ritenere alcune riprese veramente degne di nota. Su tutte, una soggettiva del carnefice che minacciosamente prima osserva e poi cattura la vittima. La sequenza, condotta ad arte da Alemà, provoca un certo disagio ma anche immedesimazione nello spettatore. Il pubblico, infatti, vede dagli occhi del criminale e al suo batter di ciglia corrisponde armonicamente il buio dello schermo. Una alternanza condita da un respiro affannoso che suscita angoscia e terrore. Passiamo alle note dolenti. Anzitutto, sono a dir poco imbarazzanti le lacune nella sceneggiatura. Alcune scene sono grottesche (e non crediamo sia voluto). I dialoghi lasciano a desiderare e non ci permettono di conoscere più a fondo la psiche dei personaggi. Sarebbe stato più interessante scavare nella storia personale di alcuni di loro, su tutti, lo “Zio“. Invece il tutto scorre – neanche troppo velocemente – incanalandosi in una ovvietà priva o quasi di colpi di scena. Certo, le scene con aggressioni e omicidi sono adrenaliniche (anche grazie alla azzeccata scelta musicale) ma risultano piccoli lampi di un temporale che non si verificherà mai. In seguito alla proiezione del film Alemà e gli sceneggiatori del film hanno risposto ad alcune domande poste dai giornalisti presenti. Il regista ci ha ricordato come è nata l’idea del film:
L’idea ci è venuta mentre giravamo un videoclip delle Vibrazioni. Mentre lavoravamo sono arrivati dei ragazzi per giocare a soft air. Si muovevano come soldati e il pensiero di mettere a confronto loro contro altri con armi vere in mano mi è venuto spontaneo. Facendo delle ricerche abbiamo scoperto che si sono verificate delle situazioni simili durante la Guerra dei Balcani in basi della ex Unione Sovietica utilizzate per la pulizia etnica. Anche se non approfonditamente il film vuol far riflettere sulla guerra.
Alemà ha poi confermato la scelta di puntare sulla lingua inglese (e attori madrelingua) per varcare i confini nazionali. Con Universal e Paramount, come case di produzione, il film sta facendo il giro del mondo sul grande e piccolo schermo. In Giappone, ad esempio, è disponibile in dvd. Per quanto riguarda le location (assolutamente adeguate e suggestive), il regista ha tenuto il segreto. Forse qualcuno potrà trovare indizi sui “luoghi” del film ma non sarà facile anche perché, come dice Alemà: “Siamo stati attenti a non dare né riferimenti temporali né geografici, siamo in un non luogo anche se siamo più vicini all’Europa centrale”. Un momento molto divertente della conferenza ce lo ha regalato Romana Meggiolaro (sceneggiatrice del film), raccontandoci alcuni aneddoti su Michael Lutz. Dai provini londinesi alla vita da anacoreta durante le riprese del film: “Ci ha colpiti subito”, ha rivelato la Meggiolaro, aggiungendo che l’attore si è totalmente immedesimato nel ruolo a tal punto da voler partecipare attivamente alla sceneggiatura. A conclusione dell’incontro, Cosimo Alemà ci ha svelato alcuni programmi futuri dove, oltre alla musica, ci sarà ancora il cinema. L’idea è di girare un film tra il drammatico e il thriller. Il tutto è in fase embrionale. Nel complesso ci sentiamo di consigliare il film. Si è vero, le lacune ci sono ed evidenti, ma la pellicola presenta anche spunti interessanti che probabilmente Alemà dovrà tenere ben presenti in vista di futuri lavori. Un consiglio: non dica troppo in giro che “At the End of the Day” è un action-thriller. Potrebbe ingannare gli spettatori. Molto meglio abituarli all’idea di dover assistere a un “thriller con picchi da cinema dell’orrore”. Quello classico, ovviamente.
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