Tom Cruise oltre Mission Impossible
20 Novembre 2023
Published on Agosto 1st, 2011 | by Marco Valerio
0I cinque anni di silenzio intercorsi tra “Panic Room” (2002) e “Zodiac” (2007) avevano messo in allarme i molti fan di David Fincher, regista di film di culto “Fight Club” e “Seven”. Da allora però il regista californiano si è dimostrato molto prolifico regalando capolavori (come il suddetto “Zodiac” o il recente “The Social Network”) e film meno riusciti (come il deludente “Il curioso caso di Benjamin Button”).
Ora Fincher è impegnato nella post produzione del suo quarto film in quattro anni, l’attesissimo “The Girl With The Dragon Tattoo”, remake del film svedese “Uomini che odiano le donne”, primo adattamento cinematografico della trilogia letteraria “Millenium” di Stieg Larsson. Il film che vedrà protagonisti Daniel Craig e la giovane talentuosa Rooney Mara è in arrivo nei cinema americani a Natale (in Italia chissà, forse per non “disturbare” i cinepanettoni l’uscita sarà posticipata). Ad ogni modo Fincher non perde di vista la sua attività di produttore e, stando a quanto riporta l’Hollywood Report, avrebbe intenzione di produrre un biopic dedicato alla vita di Dorothea Lange, coraggiosa fotografa dell’era della Depressione che catturò immagini iconiche divenute il simbolo della crisi economica americana e della povertà degli anni ’30. Angela Workman è stata ingaggiata per sviluppare la sceneggiatura, mentre Leslie Dektor e David Ginsberg produrranno il film insieme a Fincher. Dorothea Lange visse a Berkeley negli anni ’30 e fu ingaggiata dal Resettlement Administration per fotografare i lavoratori migranti giunti in California in cerca di lavoro, le persone protagoniste dell’intenso “Furore” di John Steinbeck, il quale fu profondamente influenzato dal lavoro della Lange. La fotografa viaggiò attraverso i campi di migranti insieme al secondo marito, l’economista Paul Taylor, documentando l’estrema povertà e le terribili condizioni di vita. Quando le sue prime foto vennero pubblicate su Life, furono incluse non come parte di una denuncia della disperata situazione, ma come input a riaccendere la speranza nella ricerca e nell’applicazione di nuove pratiche agricole. Il nome dell’autrice non fu neppure segnalato, ma in calce alle foto venne aggiunto solo quello dell’agenzia. Soltanto diversi anni dopo, la Lange, che oggi è una delle fotografe più celebri della storia, ottenne i dovuti riconoscimenti.