Tom Cruise oltre Mission Impossible
20 Novembre 2023
Published on Maggio 10th, 2012 | by Marco Valerio
0Il Festival di Venezia omaggio Francesco Rosi.
La Biennale, infatti, ha annunciato oggi il Leone d’Oro alla Carriera della 69esima edizione della Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica che si terrà dal 29 agosto all’8 settembre 2012.
Il premio alla Carriera verrà consegnato venerdì 31 agosto a Francesco Rosi, in occasione della proiezione della copia restaurata di “Il Caso Mattei”, film capolavoro che vinse la Palma d’Oro a Cannes nel 1972.
Questo il comunicato ufficiale rilasciato dalla Biennale di Venezia:
È stato attribuito al regista e sceneggiatore italiano Francesco Rosi il Leone d’oro alla carriera della 69. Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica della Biennale di Venezia (29 agosto – 8 settembre 2012).
La decisione è stata presa dal Cda della Biennale presieduto da Paolo Baratta, su proposta del Direttore della Mostra Alberto Barbera.
Francesco Rosi può essere considerato autore simbolo e innovatore del cinema italiano di impegno civile, con film – tra i molti suoi importanti e significativi – quali Le mani sulla città, Leone d’oro alla Mostra di Venezia nel 1963, Il caso Mattei, Palma d’oro a Cannes nel 1972, e Salvatore Giuliano, Orso d’argento a Berlino nel 1961.
Rosi, che il prossimo 15 novembre compirà 90 anni, riceverà il riconoscimento durante la 69. Mostra venerdì 31 agosto, in occasione della proiezione della copia restaurata del suo capolavoro Il caso Mattei (1972), restauro realizzato dalla Film Foundation di Martin Scorsese, con il sostegno di Gucci.
Il Direttore della Mostra Alberto Barbera ha dichiarato: “Con una lunga benché non troppo prolifica carriera, Rosi ha lasciato un segno indelebile nella storia del cinema italiano del dopoguerra. La sua opera ha influenzato generazioni di cineasti in tutto il mondo per il metodo, lo stile, il rigore morale e la capacità di fare spettacolo su temi sociali di stringente attualità. Ragione per la quale è stato ripetutamente accostato al Neorealismo dell’immediato dopoguerra e indicato come il padre nobile di quel filone di cinema impegnato che segnò in particolare gli anni Sessanta e Settanta della nostra produzione nazionale. Rispetto al Neorealismo, che pure contribuì in maniera decisiva alla sua formazione culturale, il cinema di Rosi rappresenta una decisa istanza di superamento, per la precisa volontà di mescolare una fortissima propensione a raccontare eventi, persone ed ambienti reali con quella che Fellini definì «la grande lezione artigianale del buon cinema americano». Nei confronti del cinema politico a lui successivo, Rosi vanta invece un indiscutibile merito: quello di aver sempre preferito alla semplificazione ideologica di molti suoi epigoni il durissimo lavoro di ricerca e documentazione che sta alla base di suoi formidabili capolavori come Salvatore Giuliano, La sfida, Le mani sulla città, Il caso Mattei, Lucky Luciano. Una puntuale lezione di storia che coincide con un’altissima lezione di stile, capace di fornire linfa e sostanza per gli altri suoi indimenticabili lavori, tra i quali non si possono non ricordare Cristo si è fermato a Eboli, Cadaveri eccellenti e Tre fratelli”.
“Sono onorato e molto felice di ricevere questo riconoscimento estremamente prestigioso, che è stato attribuito in precedenza a tanti grandi autori che amo e ammiro – ha dichiarato Francesco Rosi – Ringrazio il Presidente della Biennale Paolo Baratta e il Direttore della Mostra del Cinema Alberto Barbera per aver voluto ricordare il mio contributo al cinema italiano e all’arte cinematografica in generale”.
Francesco Rosi (Napoli, 1922) si afferma come autore proprio alla Mostra del Cinema di Venezia nel 1958 con La sfida, che ottiene il Premio Speciale della Giuria. In quel film, girato nel mercato ortofrutticolo di Napoli, come nel successivo I magliari (1959, premiato a San Sebastián), ambientato tra venditori di stoffe e tappeti ai limiti della legalità, è già presente quel dato cronachistico che, filtrato dalla finzione drammatica, costituisce la peculiarità del suo cinema. In Salvatore Giuliano (1961), Orso d’argento a Berlino, l’uso di materiale di repertorio caratterizza uno stile da reportage giornalistico di rara efficacia, inaugurando un nuovo tipo di cinema politico, documentato e legato alla realtà più scomoda, sempre rivolto a capire il presente anche quando parte da materiali storici.
Nel 1963 Francesco Rosi ottiene la definitiva consacrazione vincendo il Leone d’oro a Venezia con La mani sulla città, film-denuncia delle speculazioni e degli scandali durante gli anni della ricostruzione e del boom economico. Torna alla Mostra di Venezia nel 1970 con un altro film di forte impegno civile, Uomini contro, tratto da Un anno sull’altopiano di Lussu, fornendo uno sguardo privo di retorica della prima guerra mondiale.
Il caso Mattei (1972), Palma d’oro a Cannes, segna il ritorno allo stile del reportage nella ricostruzione delle vicende del presidente dell’Eni (interpretato da Gian Maria Volonté, premiato a Cannes con una Menzione speciale), fino alla sua morte in circostanze mai chiarite, gettando una luce inquietante sulle connivenze tra potere politico e oscure trame destabilizzanti. Il successivo Lucky Luciano (1975), nuovamente con Gian Maria Volonté, ricostruisce gli ultimi anni di vita che il boss trascorre in Italia portando nella tomba i suoi segreti.
In seguito, per il suo alto cinema d’impegno, Rosi si rivolge spesso a testi letterari. In Cadaveri eccellenti (1976), premio David di Donatello per il miglior film e la miglior regia, tratto da Il contesto di Sciascia, si sofferma sulla spirale del terrorismo e le compromissioni del potere. Da Carlo Levi traeCristo si è fermato a Eboli (1979), David di Donatello per il miglior film e la miglior regia, vincitore al Festival di Mosca, premiato come miglior film straniero ai Bafta, gli “Oscar” britannici. Rosi realizza quindi Tre fratelli (1981), in cui riflette sugli anni di piombo (David di Donatello per la miglior regia e per la miglior sceneggiatura con Tonino Guerra, Nastro d’argento per la miglior regia), e in seguito Carmen (1984) dall’opera di Bizet (David di Donatello per il miglior film e la miglior regia). È poi la volta di Cronaca di una morte annunciata (1987), tratto dall’omonimo romanzo di Márquez (in Concorso a Cannes), Dimenticare Palermo (1990), scritto con Tonino Guerra e Gore Vidal, e La tregua (1997) da Primo Levi, in Concorso a Cannes, premio David di Donatello per il miglior film e la miglior regia.
In gioventù vicino agli esponenti della cultura napoletana del dopoguerra (Patroni Griffi, La Capria, Ghirelli), Francesco Rosi prima de La sfida si è formato alla scuola di Luchino Visconti, suo aiuto-regista per La terra trema, ed è quindi stato aiuto-regista di Michelangelo Antonioni e Mario Monicelli.