Tom Cruise oltre Mission Impossible
20 Novembre 2023
Published on Ottobre 31st, 2011 | by alessandro ludovisi
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No, il cinema dell’orrore non conoscerà mai la parola fine. Si riciclerà, trarrà forza dall’esterno nutrendosi delle nostre paure e offrendocele a un livello di finzione accettabile. Quando, invece, le idee scarseggiano si ricorre al circolo dell’autoreferenzialità, quel club esclusivo in cui i registi possono attingere all’infinito, riproducendo, anche con sostanziali cambiamenti, le idee del passato. Questo continuo “rubacchiare” tiene in vita il genere, tra alti e bassi. Non mancano però le idee originali e registi che hanno ancora “qualcosa da dire”. Questo è il caso di James Wan (“Saw – L’enigmista”, Dead Silence), regista malese dell’intrigante horror Insidious che ha come protagonisti Patrick Wilson e Rose Byrne. Nella pellicola c’è anche un gustoso cameo offerto da Johnny Depp.
I coniugi Josh e Renai Lambert, da poco trasferiti insieme ai figli in una nuova casa, sembrano una normalissima coppia della middle class americana; in realtà il marito nasconde (involontariamente) un segreto che influirà sulla vita di Dalton, il loro figlio maggiore che, in seguito a una rovinosa caduta, è entrato in coma. Il problema è che secondo la diagnosi medica il ragazzo non ha lesioni di alcun tipo e il suo “sonno” prolungato appare come un fenomeno inspiegabile. Il mistero si infittisce quando Renai comincia ad avvertire strani rumori in casa, accompagnati da visioni – nitide – di terrificanti esseri non umani. Renai, sconvolta, convince Josh a trasferirsi in una nuova casa, convinta che quella che stanno lasciando sia infestata. Ben presto, e con l’aiuto della medium Elise, comprenderanno che ad essere posseduta non era l’abitazione ma loro figlio Dalton.
Sono quelle in cui ci sentiamo di dividere il film. Nella prima, e parliamo dei primi venti minuti, non succede granché e la trama sembra indirizzarsi verso un classico “Poltergeist” o “Paranormal Activity”. Si avvertono le presenze ma solo “viaggiando” con la fantasia. Improvvisamente il film sale – e molto – di tono ed ecco che entriamo nella fase numero 2: il piccolo Dalton finisce in coma e mamma Renai comincia ad avere le prime visioni (notevole quando insegue il “fantasma” del figlio). Si comincia a restare incollati alla sedia e si spengono le luci: il film entra nella sua fase calda. Fase 3: i coniugi Lambert cambiano casa ed entra in scena la mamma di Josh, figura ambigua che prende le difese di Renai. Anche lei, infatti, riesce a vedere le “entità soprannaturali”. Josh, poco convinto, accetta l’aiuto della medium Elise che ci introduce direttamente nella fase quattro, dove il film si arricchisce della componente fantasy: Josh sarà costretto a un lungo viaggio “ultraterreno” per combattere le sue paure e riprendersi suo figlio.
Tra alti e bassi il film centra l’obiettivo: tenere alta la tensione. Sì, è vero, ci sono momenti morti piuttosto noiosi ma nel complesso la trama regge fino alla fine. Il problema è che non sempre gli attori sono all’altezza. Ok, parliamo di un film dell’orrore e a volte la recitazione appare come marginale rispetto agli effetti speciali e , per gli amanti del genere, ai fiumi di sangue e all’uccisione di belle ragazze svestite, ma alcuni personaggi di questo “Insidious” sono davvero improponibili, a cominciare agli assistenti della medium. Anche Josh e Renai non fanno nulla per essere ricordati e soprattutto il primo riesce in una difficile impresa: la monoespressività continua. Poco male perché comunque questo horror del talentuoso James Wan (attenzione, in una scena è riconoscibile il pupazzo di “Saw” e la scritta 8 a voler pubblicizzare l’ennesimo episodio della saga) risulta complessivamente di buona fattura e va ad inserirsi tra le proposte horror più interessanti dell’annata cinematografica.
Pur prendendo in prestito qualcosa da “Paranormal Activity” e da “Poltergeist”, Wan non compie un cospicuo saccheggio. Attinge, utilizza ma rielabora e ci fornisce la sua personale idea di “possessione demoniaca”. Improvvise apparizioni e una colonna sonora all’altezza rendono la pellicola godibile, nonostante il rischio del volersi infilare forzatamente in un terreno minato: quello della rappresentazione di entità e mondi sovrannaturali. Il tutto viene affrontato con troppa leggerezza e il “viaggio astrale” di Josh rischia di sfociare nel ridicolo/paradossale. Fortuna che proprio in zona Cesarini il film ritrovi la giusta rotta, regalandoci un finale di spessore ma, soprattutto, non banale. [starreview tpl=16]
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