Tom Cruise oltre Mission Impossible
20 Novembre 2023
Published on Maggio 19th, 2016 | by sally
Summary: Valeria Bruni Tedeschi regala il meglio di sé, affiancata da Micaela Ramazzotti, perfetta per il suo ruolo. Un'altra piccola chicca che ci regala Paolo Virzì.
Perché per me l’unica gente possibile sono i pazzi, quelli che sono pazzi di vita, pazzi per parlare, pazzi per essere salvati, vogliosi di ogni cosa allo stesso tempo, quelli che mai sbadigliano o dicono un luogo comune, ma bruciano, bruciano, bruciano, come favolosi fuochi artificiali color giallo che esplodono come ragni attraverso le stelle e nel mezzo si vede la luce azzurra dello scoppio centrale e tutti fanno “Oooohhh!”
Jack Kerouac – On the road
Uno dei migliori registi che il cinema italiano può offrire è senza alcun dubbio Paolo Virzì: si va a vedere un suo film e si sa già a cosa si va incontro, ma mai del tutto, perché sa sempre riservare delle sorprese. Virzì in questi anni ci ha regalato delle vere e proprie perle del cinema italiano, da “La prima cosa bella” a “Il capitale umano” e “La pazza gioia” non fa eccezione.
La storia vede protagoniste due donne completamente diverse tra loro, accomunate dal fatto di essere affette da disturbi mentali. Entrambe si trovano in una villa della campagna pistoiese per essere curate, Beatrice Morandini Valdirana (Valeria Bruni Tedeschi): disturbo bipolare, aristocratica “anche Contessa”, sposata con un importante avvocato vicino al Presidente (immaginate voi quale), poi amante di un criminale, bugiarda cronica dagli istinti incontenibili, travolgente, estenuante; Donatella Morelli (Micaela Ramazzotti) è l’esatto opposto: depressione maggiore, istinto suicida, un figlio da ritrovare e una famiglia assente composta da una madre anaffettiva e un padre preso da tutt’altro. Trovato il momento perfetto per farlo, le due decidono di scappare insieme di godersi i loro momenti di libertà, combinandone di tutti i colori e soprattutto ritrovandosi nella situazione di doversi sopportare a vicenda, accettando una i difetti e i disturbi dell’altra.
La storia ricorda vagamente “Thelma e Louise”, Valeria Bruni Tedeschi è in stato di grazia e fa pensare spesso alla Cate Blanchett di “Blue Jasmine”, Micaela Ramazzotti sembra essere appena scappata dal set di “Ragazze interrotte”. Nonostante tutto, Paolo Virzì è riuscito a ricreare un’opera che non affronta dei problemi così seri con banalità ma nemmeno li vuole appesantire. Bisogna prendersi sul serio, ma senza eccessi, che di quelli ce ne sono già troppi nei caratteri delle due protagoniste.
Prendi un attore qualsiasi, anche il peggiore che ti capiti a tiro, lo metti su un set di Paolo Virzì e diventa immediatamente bravo. Ha diretto magistralmente sia la Ramazzotti, che offre sempre il meglio di sé quando interpreta i ruoli che il marito sembra avere cucito su misura apposta per lei, ma lo stesso vale per Valeria Bruni Tedeschi. E la cosa non si limita alle protagoniste assolute, quella di adattare perfettamente il personaggio a chi deve interpretarlo è una caratteristica innegabile del regista livornese.
“Io sono nata triste, ma voglio guarire“.
Sebbene le due donne al centro della storia de “La pazza gioia” abbiano più motivi per decidere di farla finita, riescono sempre e comunque a trovare un motivo per andare avanti. Virzì non racconta la storia puntando il dito contro di loro, piuttosto rende lo spettatore empatico, anche nei momenti in cui gli atteggiamenti di Beatrice e Donatella sono del tutto discutibili, illegali, da penalizzare. Ma stiamo osservando da vicino il quotidiano delle due donne e per questo riusciamo a comprenderle al meglio e, alla fine, a simpatizzare, nonostante tutto. Anche per questo, forse, decide di raccontare i dettagli solo più avanti, senza rivelare tutto subito. Al resto ci pensa la legge, che non sempre agisce in maniera efficace, ma lo sappiamo già. E da questo punto di vista ci sarebbero molti altri temi di cui discutere, che vanno ben oltre la storia poetica ed emozionante diretta da Paolo Virzì e che forse è il caso di non tirare in ballo, per non intaccare le due ore piacevoli che il film regala. Questa gioia pazza, letteralmente folle, incontenibile, che resiste ad ogni avversità, nonostante tutto e tutti, gioia da rincorrere, desiderare, gioia che fa rinascere, gioia che ci accomuna, “normali” (ma chi è normale?) o pazzi (“Voi non siete più pazzi della media dei coglioni che vanno in giro per la strada” diceva Jack Nicholson in “Qualcuno volò sul nido del cuculo”) secondo perizia certificata, giudizi di altri, di altri che siamo anche noi, davanti allo schermo, turbati dalle mille emozioni, così distanti o vicini da e a quel modo di essere, così capaci di comprenderlo, di empatizzare, per poi lasciare la sala ancora una volta arricchiti.