Tom Cruise oltre Mission Impossible
20 Novembre 2023
Published on Dicembre 2nd, 2011 | by Marco Valerio
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Per festeggiare (seppure con un giorno di ritardo) il settantaseiesimo compleanno di Woody Allen, esce oggi nelle sale italiane l’ultima fatica del regista newyorchese, “Midnight in Paris”.
Gil Pender (Owen Wilson) è uno sceneggiatore cinematografico di successo, ma frustrato che sogna di diventare romanziere. Per trovare un minimo di ispirazione e di pace interiore, Gil va in vacanza a Parigi con la sua fidanzata Inez (Rachel McAdams) e gli genitori di lei.
Coppia peggio assortita non si potrebbe immaginare: Gil è un sognatore, creativo e progressista che vive in un mondo tutto suo e ripudia delle stucchevoli convenzioni sociali come i pomeriggi passati con gli stucchevoli e pedanti amici della sua ragazza. Inez è una ragazza molto superficiale, refrattaria al fascino culturale di una città come Parigi, mentre i suoi genitori (il padre in primis) sono espressione dei peggiori istinti reazionari destrorsi (il futuro suocero di Gil è un fanatico del Tea Party), disprezzano l’Europa e sono affetti da un cinismo che smantella alla base qualsiasi ambizione fantasiosa.
Tutto sembra procedere noiosamente fino a quando, una sera a mezzanotte, Gil si ritroverà catapultato nella Parigi degli anni ’20, nell’epoca da lui adorata, incontrando artisti e scrittori da sempre ammirati. Inizierà così una doppia vita: di giorno fidanzato annoiato e di notte viaggiatore nel tempo, nella fantasia e soprattutto nei suoi sogni, incontrando Scott Fitzgerald, Bunuel, Dalì, Hemingway, Picasso, Gertrude Stein, Matisse e tanti altri. Gil finirà anche per innamorarsi di una bellissima donna, Adriana (Marion Cotilliard) che come lui condivide la venerazione del passato.
Quella che per Gil rappresenta l’età dell’oro, gli anni ’20, per Adriana (che in quell’epoca vive) è invece un’epoca noiosa e priva di stimoli: molto meglio la Bella Epoque di fine ottocento.
Il primo grande merito di “Midnight in Paris” è quello di evitare il quadro cartolinesco, riuscendo al contrario a valorizzare il fascino della capitale parigina come veicolo e strumento estetico fondante dell’intera pellicola. Woody Allen racconta una Parigi avvolta da un’atmosfera da sogno, perché un sogno ad occhi aperti è quello che vive il suo protagonista (interpretato magistralmente da un redivivo Owen Wilson), e utilizzando l’elemento magico e surreale per restituire allo spettatore lo splendore magico di una città che si fa personaggio, quasi come New York lo diventava in capolavori come “Manhattan” o “Io e Annie”.
Il cinema di Allen ritrova vitalità e dolcezza nei toni delicati del realismo magico, scintillante come le luci notturne di Parigi e vivacemente ricca di menti creative. Da Fitzgerald a Hemigway, da Picasso a Dalì: tutti personaggi che hanno segnato un’epoca e che si ritrovano all’interno di una fantasia che ha un profondo (e non banale) significato metaforico.
Perché i miti culturali di Gil sono modelli da ammirare e rispettare, ma al tempo stesso fanno parte di un passato che l’uomo apprezza esclusivamente perché ne vede i lati migliori, rappresentati appunto dall’elite culturale da lui tanto venerata. Sarà l’incontro con Adriana ad aprire definitivamente gli occhi a Gil che nel suo rimembrare estasiato i bei tempi andati, ma mai vissuti, dimentica la necessaria difficoltà di vivere il proprio presente e lo porta a porsi delle domande che mettono in discussione la sua prospettiva passivamente contemplativa.
Non ha infatti nessun senso provare nostalgia per epoche mai vissute, in quanto il disagio di vivere la propria contemporaneità caratterizza ogni epoca, ogni individuo (chi più, chi meno) e ogni cultura.
Un invito quindi a rispettare e apprezzare il passato, senza per questo precludersi la possibilità di vivere al meglio il presente, accettarne contraddizioni e valorizzandone gli aspetti migliori e lasciando da parte rimpianti che possono essere deleteri.
Decisamente il miglior film di Allen da almeno un lustro a questa parte.
Da vedere.
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