Tom Cruise oltre Mission Impossible
20 Novembre 2023
Published on Luglio 7th, 2012 | by alessandro ludovisi
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Philippe Falardeau (“Congorama”, “It’s Not Me, I Swear”) adatta per il grande schermo l’opera Monsieur Lazhar di Evelyne de la Chenelière, affidandosi a Fellag, attore algerino già protagonista, nei panni di Lazhar, nella omonima rappresentazione teatrale presentata a Parigi. Nel cast del film, candidato agli Oscar 2012 come miglior film straniero, spiccano i due “piccoli” protagonisti Sophie Nélisse (Alice) ed Émilien Néron (Simon).
In una scuola elementare di Montreal un’insegnante muore tragicamente. Dopo aver letto la notizia sul giornale, Bachir Lazhar, un immigrato algerino di 55 anni, si presenta nella scuola per offrirsi come supplente. Immediatamente assunto per sostituire la maestra scomparsa, si ritrova in una scuola in crisi, mentre è costretto ad affrontare un dramma personale. Bachir impara a conoscere il suo gruppo di bambini scossi ma attenti, tra i quali ci sono Alice e Simon, due ragazzini svegli, particolarmente turbati dalla morte della loro insegnante. Mentre la classe ritorna lentamente alla normalità, nessuno nella scuola è conoscenza del passato doloroso di Bachir; nessuno sospetta che è a rischio espulsione dal paese in qualsiasi momento.
“Monsieur Lazhar” è un piccolo gioiello di fabbricazione canadese, una trasposizione cinematografica d’impatto, lucida costruita senza fronzoli e diretta all’ obiettivo, nella quale l’alternanza di tematiche forti e leggere sono miscelate sapientemente, senza voler strafare ma preferendo un semplice, e allo stesso tempo ricchissimo, racconto cinematografico.
Al centro del film è forte il concetto di elaborazione del lutto, da un doppio punto di vista: quello collettivo, della classe scolastica – in particolare dei sue bambini Simon ed Alice – e quello strettamente personale di Bachir Lazhar, reinventatosi insegnante, in seguito alla violenta e dolorosa perdita della famiglia, vittima di un vile attentato terroristico nel suo paese d’origine. Lazhar è un uomo terribilmente solo ma dotato di un notevole bagaglio culturale che gli permette di “recitare” credibilmente il suo ruolo, adora i bambini ed empatizza straordinariamente con loro cercando di scavare nei dolorosi e ancora vivi ricordi per favorire la rimozione del tragico evento a cui hanno assistito: l’impiccagione della loro insegnante.
Il cortile innevato della scuola canadese ci immerge in una storia solo apparentemente fredda, dove i “colori” sono ridotti al minimo, come nella classe diretta da Lazhar un piccolo e triste microcosmo messo in contrapposizione con una classe adiacente ricca di addobbi floreali e frequentata da bambini felici e in perfetta sintonia con la loro insegnante.
Un altra, significativa, tematica del film di Falardeau ruota intorno alla formazione pre-adolescenziale e al superamente del senso di colpa, stato d’animo che imperversa nel cuore del piccolo Simon attanagliato dalla paura e dalla rabbia per via di quella sensazione, inevitabile, di colpevolezza che lo ha portato ad emarginarsi dal resto della classe. Nei dialoghi laconici e disperati tra Simon e la compagna Alice si cela la disperata consapevolezza di aver “favorito” con il loro atteggiamento il suicido.
Falardeau è abile nella messa in scena, ci racconta una storia tragica dai toni maturi, che agita lo spettatore sottoponendolo a un viaggio più duro del previsto, inducendolo a una riflessione più che attenta sul rapporto tra genitori e figli, sulla effettiva maturità di quest’ultimi e sulla assenza dei primi intenti a delegare agli altri un lavoro chiaramente proprio.
Decisamente consigliato
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