Tom Cruise oltre Mission Impossible
20 Novembre 2023
Published on Aprile 12th, 2013 | by Andrea Lupia
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E’ probabilmente superfluo rimarcare l’importanza che alcuni registi o meglio ancora, il lavoro di alcuni registi abbia avuto la capacità di formare e riformare ogni volta il cinema, stravolgendone il linguaggio e riadattandolo a nuova vita e nuova funzione. Vale questo per tutte le arti sebbene nella sua rarità, e forse per il cinema è ancora toccante e a suo modo spaventoso l’effetto perché notoriamente frutto di molte arti fuse insieme, cosa che amplifica, appesantisce e decuplica l’effetto, creando ogni volta una nuova realtà. Fra i vari demiurghi del cinema, i maggiori e mai abbastanza studiati e goduti purtroppo, possiamo ricordare tanto Stanley Kubrick, quanto Steven Spielberg, come anche Akira Kurosawa, ma il più noto e geniale di tutti resterà sempre uno: Alfred Hitchcock, in questo periodo omaggiato da un bel biopic.
Fra la miriade di pellicole del nostro adorato genio imbronciato, molte strano a dirsi sono sconosciute al grande pubblico, che spesso snobba il lavoro non incensato dai critici perché incapaci di scegliere personalmente ciò che gli piace. Non molto popolare fra i critici (cosa che contribuisce a chiarire l’utilità della suddetta categoria professionale) è “Io ti salverò” (“Spellbound“) del 1945, adattato da Angus MacPhail e Ben Hecht dal (bellissimo) romanzo “La casa del dottor Edwardes” di Francis Beeding. La lavorazione del film è leggendaria fra i patiti di cinema per l’immensa quantità di travaglio che costò al povero Hitchcock, in particolare costretto a litigare con il produttore David O. Selznick e con la psichiatra invitata sul set, che a quanto pare gli resero la vita molto difficile.
La dottoressa Constance Peterson (Ingrid Bergman) lavora in una clinica psichiatrica (Green Manors) diretto dal dottor Murchison che sta per andare in pensione anticipata a causa di un esaurimento nervoso e che dev’essere sostituito dal giovane e talentuoso dottor Anthony Edwardes. Il giovane dottore che arriva alla clinica, tuttavia, si scoprirà essere John Ballantine (Gregory Peck), un uomo che soffre di amnesia e che si sospetta sia l’assassino del vero dottor Edwardes. John Ballantine è affetto da una strana fobia a seguito della quale perde i sensi vedendo linee scure parallele su fondo bianco. Constance Peterson s’innamora di lui e cercherà, anche con l’aiuto del suo vecchio professore di psicoanalisi – il dottor Brulov – di rivelare la sua identità e di scoprire il vero assassino del dottore.
“Io ti salverò” si avvale della perfezione stilistica a cui il Maestro ha da sempre teso, ma non manca di sperimentazione (che è secondo molti il tratto distintivo del fare vero cinema). Le sequenze oniriche sono curate nientemeno che da Salvador Dalì che fornì una serie di dipinti e materiali poi sapientemente utilizzati nel produrre l’effetto della distorsione psichica della realtà nei sogni, ma non solo. Perfino la colonna sonora fu contraddistinta da un uso sperimentale dei suoni e degli strumenti musicali, in particolare per l’utilizzo del Theremin (o eterofono, è uno strumento musicale elettronico, il più antico conosciuto che non preveda il contatto fisico dell’esecutore con lo strumento, inventato nel 1919 dal fisico sovietico Lev Sergeevič Termen), che aggiunge alla storia una componente ancora più dissonante ed angosciante. Da vedere, non ci sarebbe neanche bisogno di dirlo.
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