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Published on Marzo 10th, 2015 | by Erica Belluzzi

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Second Chance: la recensione

Second Chance: la recensione Erica Belluzzi
Voto CineZapping

Summary: Esperimento cinematografico sul confine tra moralmente giusto ma socialmente riprovevole.

2

Rara e gratuita tensione emotiva


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Andreas (Nikolaj Coster-Waldau) è un rispettabile poliziotto, con una vita apparentemente perfetta, sposato con una giovane e bella donna (Maria Bonnevie) da cui ha appena avuto un bambino.

Una giornata come un’altra, un incontro casuale e la sua placida esistenza sarà costretta a mutare di colpo, cadendo dall’idillio del nido d’amore coniugale all’inferno della lotta per la sopravvivenza.
Durante un’operazione incontra Tristan (Nikolaj Lie Kaas), amico di vecchia data smarritosi nei meandri dell’eroina, incapace di prendersi cura della compagna (la bellissima modella Lykke May Andersen al suo esordio cinematografico) e del neonato figlio Sofus.

Durante la perquisizione Andreas si troverà di fronte a una situazione agghiacciante: la creatura, coperta dei suoi stessi escrementi, è abbandonata a se stessa mentre i genitori noncuranti si drogano e conducono uno stile di vita dissoluto. Gli estremi per affidare il piccolo ai servizi sociali paiono inizialmente mancare pertanto il poliziotto si vedrà costretto a mollare la causa ma, dopo un primo momento di frustrazione e senso di smarrimento, tornerà alla sua pacifica vita.
Parrebbe solo una brutta incursione nella vita degli altri se non fosse che un giorno Alexander, il suo bambino, verrà a mancare, vittima della morte bianca. La moglie Anna, fragile ed incapace di accusare il colpa minaccia il suicidio e pertanto Andreas, convinto di salvare due vite, “sostituisce” il figliolo morto con Sofus. Ma sta davvero salvando due vite, o non sta piuttosto borghesemente, cercando di evitare che la tempesta raggiunga anche il suo verde orticello?

Susanne Bier, premio Oscar per In un mondo migliore, con Second Chance, nelle sale dal prossimo 2 Aprile, presenta un film di grande pathos e intensità emotiva, un’opera perturbante come un thriller psicologico che indaga il limite tra bene e male, giusto e sbagliato, socialmente accettabile e moralmente riprovevole.
Se fosse un quadro sarebbe un nudo di Schiele, uno di quei ritratti che guardano dritto negli occhi lo spettatore coinvolgendolo e andando a toccare quelle intime zone ombrose che riguardano questioni personali come la morale e l’etica individuale.

La pellicola affronta tematiche spesso taciute e verità scomode, come la depressione post partum o la genitorialità intesa quale coronamento di un amore ordinario, piuttosto che dono straordinario. In questo senso, audace è stata la scelta della regista, ideale vincitrice dello scontro con Lone Schrefig, altra autrice danese in concorso al Toronto Film Festival, di invitare ad un confronto con le più diffuse convinzioni morali.
Quasi fosse uno di quegli esperimenti mentali tanto cari alla filosofia analitica, la regista non vuole scioccare, ma piuttosto spronarlo a riflettere, utilizzando la tensione e l’ansia come forze positive per giungere alla costruzione di un pensiero autonomo.

Apprezzabile sono, sorprendentemente, anche alcune rare scelte fotografiche, sebbene spesso l’estetica cada nel triviale o nel visto e già visto. Audace invece il tentativo di affidare il ruolo dell’eroe, protagonista di un percorso di caduta e redenzione squisitamente classico e proppiano, ad un volto noto della tv per la serie Il Trono di spade, cercando di modificarne la percezione collettiva. Certo, non si può non ammettere che fra gli esperimenti attoriali che Second Chance conta, spicchi la presenza fisica —più che recitativa— di Lykke May Andersen, modella di fama mondiale, il cui debutto nel cinema è stato accolto in patria dal consenso unanime della critica.

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