Tom Cruise oltre Mission Impossible
20 Novembre 2023
Published on Gennaio 24th, 2012 | by alessandro ludovisi
1Summary:
Abbiamo visto per voi, in anteprima, il film biopic su Margaret Thatcher, “The Iron Lady”, diretto dalla regista Phyllida Lloyd.
Unica donna del Regno Unito ad aver ricoperto la carica di Primo Ministro ( e per ben undici anni). Basterebbe questo dato per rendersi conto della straordinaria importanza in chiave politica e sociale della Lady di Ferro, come l’avevano “affettuosamente” soprannominata i Russi. Tra i personaggi più importanti del panorama mondiale dell’ultimo secolo, la Thatcher viene messa a nudo nella sua durezza e debolezza (dettata solo dall’età) dalla regista Phyllida Lloyd (“Mamma Mia”) e dalla due volte Premio Oscar Meryl Streep. Completano il cast Alexandra Roach (degnissima interprete della Thatcher da giovane), Jim Broadbent (nelle vesti del marito fantasma Denis) e Harry Lloyd (Denis Thatcher da giovane).
Margaret Thatcher, ex Primo Ministro britannico, ormai ottantenne, fa colazione nella sua casa in Chester Square, a Londra. Malgrado suo marito Denis sia morto da diversi anni, la decisione di sgombrare finalmente il suo guardaroba risveglia in lei un’enorme ondata di ricordi. Al punto che, proprio mentre si accinge a dare inizio alla sua giornata, Denis le appare, vero come quando era in vita: leale, amorevole e dispettoso. Lo staff di Margaret manifesta preoccupazione a sua figlia Carol Thatcher, per l’apparente confusione tra passato e presente dell’anziana donna. Preoccupazione che non fa che aumentare quando, durante la cena, che ha organizzato quella sera, Margaret intrattiene i suoi ospiti incantandoli come sempre, ma a un bel momento si distrae rievocando la cena durante la quale conobbe Denis 60 anni prima.
Un film biopic sulla Thatcher, siamo sinceri, lo aspettavamo, anche se la leader conservatrice inglese è stata già ritratta in un film trasmesso nel 2009 dalla BBC (“Margaret”). Puntare su Meryl Streep per il ritratto della Lady Thatcher si è rivelata una scelta giusta, nonostante il popolo britannico potesse storcere il naso a causa della nazionalità “estera” del’attrice.
Invece, si è scelto il meglio perché la protagonista de “Il Diavolo veste Prada” e “La mia Africa” è una garanzia di successo: 17 nomination (anche per The Iron Lady”) e due statuette portate a casa. Dal prologo del film traspare l’importanza della presenza della Streep nel cast, con l’attrice che debitamente invecchiata interpreta una Thatcher in fuga dalla sorveglianza domestica. Sì, perché a causa delle sue preoccupanti condizioni di salute la ex Primo Ministro è infatti costretta tra le mura di casa e ogni suo movimento viene debitamente controllato dalla figlia e dalla domestica. Un esilio forzato per quella donna che ha fatto tremare il mondo, una vera Signora di Ferro capace di non piegarsi mai di fronte alle minacce (fu vittima di un attentato rivendicato dall’IRA nella cittadina marittima di Brighton durante un convegno del Partito Conservatore) o alle aggressioni al suo paese (grazie alla sua ferma posizione l’Inghilterra riconquistò le Isole Falkland, occupate dalle truppe argentine). Una donna che nella vita ha messo da parte ogni desiderio personale e famigliare per portare a termine la sua missione: conquistare il potere e la guida della Nazione per convincere il popolo britannico della bontà delle sue riforme. Grazie agli interessanti e continui flashback (il film alterna, costantemente, passato e presente) torniamo fino alla proposta di Denis che chiede in moglie quella giovane attivista politica figlia di un droghiere e fresca di una laurea ad Oxford. La Signora Roberts disse di sì, diventando Lady Thatcher, la moglie di un noto e facoltoso imprenditore. E cominciò la sua inarrestabile scalata politica che la portò, nel 1979, al numero 10 di Dowing Street, dove Margaret neo eletta citò una Preghiera di San Francesco D’Assisi:
Dove c’è discordia, che si possa portare armonia. Dove c’è errore, che si porti la verità. Dove c’è dubbio si porti la fede. E dove c’è disperazione che si possa portare la speranza.
Forse fu proprio profetica la Lady di Ferro, poiché il suo governo è stato per anni al centro del ciclone, soprattutto in seguito alla politica di tagli alla spesa pubblica a dispetto della recessione e dell’elevato tasso di disoccupazione. Nel 1980 “London Burning”, poiché la capitale inglese è stata teatro di violentissimi disordini e sommosse, che ben presto si espansero in tutto il Regno Unito, sintomo di una grave situazione sociale. Peccato che nel film poco o nulla traspara di quello stato d’animo di disperazione su scala nazionale. Si preferisce lasciare spazio alla straordinaria performance della Streep capace di identificarsi totalmente con la Thatcher, compreso uno strepitoso accento britannico. Non è facile ripercorrere undici anni della vita di un leader, e forse non è neanche l’obiettivo principale del film ma la leggerezza di alcuni temi “forti” come la Guerra delle Falkland o gli attentati dell’IRA (compreso lo sciopero della fame che porto alla morte per inedia di dieci nordirlandesi) è evidente e Meryl non riesce a tappare i numerosi buchi, nonostante ci convinca, eccome, nei suoi preziosi aforismi e negli squillanti dibattiti alla Camera inglese. La regista Lloyd ha confermato che non si tratta di un film politico, ma di una pellicola shakesperiana. To Be or Not to Be, allora, perché “The Iron Lady”rischia seriamente di non essere né carne né pesce, nonostante il coraggioso tentativo di mostrare la leader allo stato attuale stremata, estremamente lontana da quella immagine pubblica cui siamo abituati. Negli strazianti ricordi del marito morto si cela una debolezza inusuale, per una Lady di Ferro, perché, per tutti, lei non è mai stata una donna, una madre o una moglie ma semplicemente un politico, il Primo Ministro donna, capace di dialogare con Reagan e Gorbaciov.
Il film divide la vita di Margaret Thatcher in tre fasi, grazie a sapienti e azzeccati flashback: Una giovane e motivata Margaret ambiziosa e orgogliosa delle sue umili origini, una Thatcher nel pieno della sua carriera politica, costretta a prendere sofferte decisioni e una Lady di Ferro “pensionata” che vive di ricordi tra foto filmini di famiglia e dialoghi con il marito morto, che lei vede “normalmente”. Nel complesso nessuna delle tre fasi convince in pieno e nonostante le preziose ricostruzioni (su tutte, la Camera dei Comuni) non riusciamo a scorgere quella “necessaria” ambientazione British.
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