Tom Cruise oltre Mission Impossible
20 Novembre 2023
Published on Maggio 10th, 2011 | by Marco Valerio
0Summary: Le vicende narrate risultano piuttosto piatte, ridondanti e mai veramente appassionanti.
Il lungo e violento processo di distacco dell’Algeria dal governo francese è passato anche per la lotta armata di gruppi estremisti come l’FLN. “Uomini senza legge”, in concorso al Festival di Cannes 2010 e nominato all’Oscar 2011 come miglior film straniero, di Rachid Bouchareb racconta questa pagina poco conosciuta della storia francese e lo fa con un film che commistiona la Storia con la esse maiuscola alla storia di tre fratelli che dopo aver perso la loro casa in Algeria si dividono e ognuno prende una strada diversa. Messaoud (Roschdy Zem) si unisce all’Esercito francese e va a combattere in Indocina, finendo per alcuni mesi in un campo di prigionia; Abdelkader (Sami Bouajila) è interessato fin dalla tenera età alla politica, tanto da venire arrestato dopo aver partecipato ad alcune manifestazioni di piazza, e diventerà leader dell’FLN (Fronte di liberazione nazionale), il movimento nazionalistico estremista fautore dell’indipendenza algerina; Said (Jamel Debbouze) si trasferisce a Parigi dove dà avvio ad una promettente carriera come gestore di locali di lusso e, clandestinamente, come manager di giovani promesse della boxe. Una di queste è il connazionale Ali (Assaad Bouab), giovane preso dalla strada, di grande talento, e che si appresta a diventare il primo pugile algerino a competere, con buone possibilità di vittoria, per il titolo nazionale francese. Messaoud si unirà al fratello Abdelkader nella lotta politica, mentre Said tenterà in tutti i modi di stare lontano dalle iniziative dei fratelli, finendo comunque e inevitabilmente immischiato.
“Uomini senza legge” è l’ideale prosecuzione di quel percorso di ricostruzione storica che il regista Rachid Bouchareb aveva intrapreso già con il suo film precedente, “Days of Glory”, presentato in concorso al Festival di Cannes 2006, dove ha ottenuto un premio per l’interpretazione maschile collettivo (fino ad oggi unico caso nella storia della kermesse cannense), per Jamel Debbouze, Samy Naceri, Sami Bouajila, Roschdy Zem e Bernard Blancan. “Days of Glory” racconta l’esperienza di quattro algerini, arruolati nell’esercito francese per combattere contro l’occupazione nazista e termina nel 1945, anno della conclusione delle ostilità belliche; “Uomini senza legge” comincia esattamente da qui. Ha inizio un’altra storia, la storia degli anni successivi alla Liberazione e al periodo di decolonizzazione. Con questo film Rachid Bouchareb illustra la dimensione più umana e intimista della rivoluzione, dell’impegno politico, della lotta contro le ingiustizie. E lo fa mostrando la frammentazione del nucleo familiare che è luogo in cui si confrontano diversità di opinione e diversi punti di vista sul mondo, ma è anche, al tempo stesso, il luogo dell’eterno ritorno, unico vero appiglio, nonostante le sue complessità, cui rivolgersi in momenti di crisi e di difficoltà. Ci sono diversi modi di combattere l’ingiustizia. La ribellione è solo uno di essi. I tre fratelli fanno delle esperienze di tipo diverso, hanno degli approcci differenti rispetto agli eventi. Sono in disaccordo sul modo di combattere l’ingiustizia e ottenere la libertà. Non tutti diventano dei combattenti della resistenza ed è questo che enfatizza il film, sottolineando la libertà di scelta di ognuno di loro, ma al tempo stesso il forte e incontrollabile richiamo verso degli ideali comuni visti e affrontati da molteplici punti di vista. La rivoluzione mastica le persone e poi le risputa fuori. La repressione fa esattamente la stessa cosa. Questo è quanto sembra volerci dire Rachid Bouchareb. La rivoluzione nel suo film diventa infatti una vera e propria ossessione da perseguire ad ogni costo, senza se e senza ma, dedicandosi completamente agli ideali che la muovono e alle estreme conseguenze cui possono portare, sacrificando affetti, relazioni interpersonali, anche legami di sangue. Ma l’uomo è debole e per questo anche il più risoluto e convinto dei tre fratelli Abdelkander mostrerà a più riprese momenti di cedimento. I personaggi descritti da Bouchareb sono soprattutto uomini, con le fragilità e le paure tipiche di ciascun essere umano. E sono senza legge in quanto devono necessariamente agire al di fuori dei vincoli della legalità, le cui forze di rappresentanza sono descritte come istituzioni violente, spregevoli, ciniche e repressive. Il problema principale di “Uomini senza legge” è rappresentato dalle modalità di declinazione delle tematiche che intende sviscerare e da una messa in scena impeccabile, ma che alla spettacolarità visiva non unisce un adeguato approfondimento psicologico e morale. In questo modo le vicende narrate risultano piuttosto piatte, ridondanti e mai veramente appassionanti. “Uomini senza legge” sembra vivere quasi esclusivamente della propria forza teorica, quindi essere un film sostanzialmente di testa, ma troppo poco di pancia, incapace di rende vivide e coinvolgenti le vicissitudini di tre fratelli e di un movimento rivoluzionario, nato e cresciuto nel sangue, ma destinato a vedere i propri sacrifici ripagati. In questo modo si esce dalla sala piuttosto insoddisfatti di fronte ad un prodotto che ambisce ad essere epico, ma finisce con l’essere sterile e sciapo.