Tom Cruise oltre Mission Impossible
20 Novembre 2023
Published on Settembre 1st, 2012 | by Marco Valerio
0La quarta giornata del concorso di Venezia 69 è stata quella di uno dei titoli più attesi del concorso: “The Master” di Paul Thomas Anderson.
“The Master” racconta la storia di Freddie Sutton (Joaquin Phoenix), un reduce della Seconda Guerra Mondiale che non riesce a trovare un posto nella società americana del dopoguerra. Finché il carismatico Lancaster Dodd (Philip Seymour Hoffman) non lo coinvolge nella sua nuova organizzazione religiosa, trasformandolo nel suo braccio destro. Ma più la setta guadagna nuovi membri, più Freddie si ritrova a mettere in discussione la fede che ha abbracciato e il suo mentore.
Opera ostica doveva essere e opera ostica è stata. “The Master” è un film spiazzante, disorientante, potenzialmente straordinario, ma la cui grandiosità pare restare implosa e destinata a emergere solo dopo una seconda o terza visione. Il film di Anderson è complesso e sfaccettato, volutamente ermetico, corredato da un cast straordinario dove Philip Seymour Hoffman e un monumentale Joaquin Phoenix si sfidano a colpi di bravura.
Chi scrive ritiene che “The Master” sia un grande film, potenzialmente votato al capolavoro, ma la cui complessità rende difficile, se non impossibile, un affrettato entusiasmo verso la grandiosità. Un prodotto che sedimenta ed è destinato a crescere nel cuore e nella testa dello spettatore, vista la strepitosa molteplicità di stimoli visivi e tematici che la pellicola raccoglie. Al momento, giudizio sospeso.
Il secondo film del concorso presentato quest’oggi a Venezia è stato anche il più applaudito: stiamo parlando di “È stato il figlio” di Daniele Ciprì.
Il racconto viene narrato in un tempo futuro, all’interno di un ufficio postale, in un giorno come tanti. È un signore trasandato di nome Busu, ad introdurre la storia della famiglia Ciraulo, come le altre microstorie che di giorno in giorno racconta per uccidere il tempo che consuma la sua solitudine. C’è chi lo ascolta, c’è chi invece ad un certo punto si stanca e va via, lasciandolo solo in quella interminabile giornata d’inverno.
La famiglia Ciraulo è composta da sei persone: Nicola è il capofamiglia, Loredana sua moglie, Tancredi è il figlio maggiore e Serenella la figlia più piccola. Nonno Fonzio e Nonna Rosa, i genitori di Nicola, vivono insieme a loro. Abitano nella periferia di Palermo. Nicola si arrabatta per mantenere tutti rivendendo il ferro vecchio delle navi in disarmo. Le loro vite anche in questa realtà molto dura, scorrono in una relativa serenità. Fino a quando, al ritorno da una gita al mare, insieme con i Giacalone, loro amici e vicini di casa, un proiettile vagante, destinato ad un regolamento di conti fra bande rivali, colpisce a morte la piccola Serenella. La disperazione è incommensurabile. Ma si apre uno spiraglio di speranza per un cambiamento economico quando Giacalone suggerisce a Nicola di chiedere un risarcimento che lo Stato riconosce alle vittime della mafia. Il miraggio di ricevere un’ ingente somma di denaro spinge la famiglia a spendere i soldi prima di incassarli, indebitandosi con tutti, pensando che la liquidazione da parte dello Stato sia imminente.
Il film di Ciprì è una commedia nera sofisticata e priva di speranza che combina stilemi estetici piuttosto caricati con una costruzione narrativa piuttosto solida e insolita per il cinema italiano. Strizzando un occhio a Pietro Germi, nel racconto di una società meridionale arcaica e dalla discutibile morale, e un altro a Marco Ferreri, per la deformazione grottesca di corpi e la costruzione degli sketch fisici, Ciprì riesce a dare vita ad un’opera sorprendente e coraggiosa.
Strano, ma vero, la prova di Toni Servillo risulta essere l’anello più debole di un film per il resto assai riuscito. Voto: 7,5