Recensioni Young Adult41

Published on Febbraio 22nd, 2012 | by alessandro ludovisi

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Young Adult: la recensione

Young Adult: la recensione alessandro ludovisi
Voto CineZapping

Summary:

4.4

Film Grandioso


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Il biglietto da visita di “Young Adult” recita Diablo Cody + Jason Reitman= la coppia che ha dato vita a “Juno”, film rivelazione che fu premiato con quattro nomination gli Oscar, portandosi a casa una statuetta grazie alla originale e superba sceneggiatura della Cody. Sì, davvero un bel biglietto da visita ma la questione importante è che il duo non ha certo deciso di adagiarsi sugli allori, bensì rilanciano presentandoci una delle commedie meglio riuscite degli ultimi anni dal sapore fortemente agrodolce, in cui spicca una Charlize Theron (“The Road”, “Monster”)  a livelli altissimi, accompagnata da Patton Oswalt (“The King of Queens”),  Patrick Wilson (“La terrazza sul lago”, “Due cuori e una provetta”) ed Elizabeth Rease (protagonista della “Twilight Saga”).

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Young Adult

Sinossi

Mavis Gary è una scrittrice di libri adolescenziali che ritorna nella piccola cittadina dove è cresciuta per reclamare il suo ex – fidanzato del liceo, oggi felicemente sposato. Questo ritorno a casa sarà più difficile di quanto pensasse, Mavis intesserà un legame insolito con un vecchio compagno di classe con il quale non ha mai avuto rapporti dai tempi del liceo.

Giudizio sul film

Facciamola passare come commedia ma, in realtà, “Young Adult” è molto di più, è una suggestiva interpretazione collettiva in cui ogni personaggio garantisce la perfetta quadratura, aggiungendo sfumature continue  e una accesa espressività, doti troppo spesso accantonate dai protagonisti della comicità Made in Usa. Ci aspettavamo molto da Diablo Cody e da Jason Reitman, e non siamo rimasti delusi. Sorpresi, piuttosto, dalla atmosfera che permea questa pellicola, divertente ma allo stesso tempo attenta a delineare problematiche decisamente impegnative. Un oscillare continuo tra grasse risate spontanee e lacrime sfiorate in una condizione del tutto incerta che ricorda molto da vicino quella della protagonista del film, Mavis Gary, ex reginetta del ballo, ex ragazza più popolare del liceo e della cittadina ( una Mercury nel Minnesota apparentemente popolata da gretti e bifolchi dal cuore tenero) ed ex fidanzata di Buddy Slade, ovviamente anche lui un ragazzo estremamente popolare. Lei è andata alla conquista della metropoli “Minneapolis”, lui è rimasto fedele alle sue radici, trovando la felicità, una carriera, una moglie  e una figlia proprio in quel di Mercury. Sarà proprio la notizia del Buddy papà che sconvolgerà la vita di Mavis, apparentemente donna di successo e autrice – da ghost writer – di una serie di racconti adolescenziali. In realtà Mavis è una donna triste, anzi, una “giovane adulta” infelice, che rifiuta la sua situazione attuale e che cerca in un improbabile viaggio a ritroso di poter rivivere emozioni passate, decisamente ormai smarrite.

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Young Adult

Dovrebbe risultare assolutamente antipatica, almeno a prima vista, questa Mavis, dopotutto appare come una donna dalla bellezza sconfinata, algida, ben vestita e sicura di sé. Alla guida di una Mini rossa fiammante parte per la provincia con l’obiettivo di “sfasciare” una famiglia, riconquistando con gli artigli una vecchia preda. Ma, e scusateci la banalità, l’apparenza inganna e la nostra ghost writer dimostrerà tutta la sua debolezza, sia fisica che caratteriale dimostrandosi insicura, afflitta da manie e tremendamente sola. In poche parole: depressa e con un problema ben accentuato di alcolismo. Esemplificativa la sua prima serata nella cittadina delle origini con la Mavis sola in un improbabile locale, abbordata da un fastidioso “ciccione”. Anche qui non fate caso alla prima impressione: lui è Matt Freehauf, alias “la vittima dell’odio”, un uomo conosciuto per aver subito  l’aggressione omofobica di alcuni tizi del posto. Erano gli anni del liceo e lei non lo avrebbe mai degnato di uno sguardo, neanche pietoso. Ora invece sono lì insieme in uno dei momenti più significativi della pellicola.

Lui è innamorato latente (ma non troppo) lei è invece ossessionata dal recupero della storia con Buddy e con assoluta sfacciataggine farà di tutto per riconquistarlo mostrando scarsa attenzione per la situazione (è un neo papà) e poco rispetto per la compagna di lui, Beth, una apparentemente “anonima” donna. Tra trucco e parrucco Mavis le prova davvero tutte con repentini cambi di look e abiti più o meno scollati. Lei vuole ribaltare lo status quo e rendere – egoisticamente – “migliore” la vita noiosa di Buddy. Imparerà che nella grigia Mercury non funziona come nei suoi libri (forse autobiografici), qui le frasi ad effetto contano poco, soprattutto quelle di “stampo adolescenziale”. Paradossalmente alla sua bellezza esteriore si accompagna una “mostruosità” interiore percepita, e non poco, dagli altri. Appare quindi inevitabile lo stretto legame alcolico confidenziale che stringerà con il “freak” del paese, quel Matt menomato che, a sua volta, in un inarrestabile cinismo “odia” profondamente un ragazzo sulla sedia a rotelle poiché quest’ultimo gli strappa via il titolo di “sciancato del paese”. Ma nella gara del “chi sta peggio” sembra uscire vittoriosa Mavis che, rispetto a inizio film e dopo una attenta analisi, ora ci fa tenerezza, compassione, pena.

Commenti finali

Una strepitosa e riuscitissima commedia, non banale (se non per un paio di svarioni nel finale) che consacra, se ancora ce ne fosse bisogno, Charlize Theron come una attrice straordinariamente versatile, sontuosa interprete di una pellicola brillante dal retrogusto malinconico. Ben scritta, ben recitata trova la sua forza nella dimostrazione della debolezza umana tra autoconvinzione  e pentimento, sullo sfondo di un piccolo centro in cui non sembra mai sorgere il sole. Come in una sorta di limbo tra giorno e notte, tra luce e buio, un po’ come accade alla protagonista della pellicola di Reitman: costretta a uno stato temporaneo che sembra  potersi concludere solo con il ritorno nella “mini apple”. Della serie:  “A volte ritornano, ma spesso è meglio non andare”.

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